Una storia meravigliosa: Edizioni San Paolo
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I. LA CITTÀ DI EFESO AL TEMPO DI MARIA E GIOVANNI 1. Sguardo panoramico sulla città 2. La popolazione 3. Paolo e i primi cristiani a Efeso |
II. LA SEDIMENTAZIONE DELLA STORIA 1. Declino di Efeso e l'affermazione del cristianesimo 2. La casa di Maria diviene la casa di Giovanni 3. L'arte cerca la «Madre di Gesù» |
III. LE VISIONI DELLA BEATA ANNA KATHARINA EMMERICK 1. La Rivoluzione francese 2. Le visioni di Anna Katharina Emmerick VITA DI MARIA AD EFESO SECONDO ANNA KATHARINA EMMERICK |
IV. «L'ABBIAMO TROVATA!» 1. I primi esploratori 2. Una falsa pista 3. La scoperta seguendo le indicazioni della Emmerick 4. Altre scoperte: una «Via Crucis» 5. Acquisto del terreno su cui sorge la casa di Maria |
V. SCAVANDO PIÙ A FONDO NEL PASSATO 1. Lavori in corso sulla Collina degli Usignoli 2. La casa di Maria luogo di culto per secoli |
VI. LA CASA OGGI 1. La «casa» tra due guerre e una rivoluzione 2. I Papi e la casa di Maria 3. Tutta l'area appare ora come un «santuario» |
PREFAZIONE
La casa sulla Collina degli Usignoli
«Vicino alla croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria Maddalena. Gesù, dunque, vista la madre e presso di lei il discepolo che amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Quindi disse al discepolo: "Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo la prese in casa sua» (Giovanni 19, 25-27).
Cosi l'apostolo ed evangelista Giovanni racconta la presenza di Maria presso la croce di Gesù. Gli Atti degli Apostoli ricordano poi la presenza di Maria al momento della Pentecoste: «Tutti costoro attendevano costantemente con un cuor solo alla preghiera con le donne e Maria, la madre di Gesù, e con i fratelli di lui» (Atti 1,14). Dopo di che, a parte qualche vago accenno, di lei non si hanno più notizie precise nel Nuovo Testamento.
Fortunatamente, però, Maria non scompare dalla memoria dei cristiani. Ad esempio, secondo la tradizione, negli anni successivi alla lapidazione di Stefano, nel 37 d.C., quando s'inasprì in Gerusalemme la persecuzione contro i seguaci di Cristo, Giovanni condusse con sé Maria a Efeso, sulle coste dell' attuale Turchia bagnate dal Mar Egeo. Efeso, oltre a essere una delle più grandi città dell'Impero romano, era anche la capitale della provincia d'Asia, e sarebbe divenuta, secondo le parole dello storico francese Ernest Renan (1823-1892), «la seconda provincia di Dio». Effettivamente essa fu una delle basi di lancio del cristianesimo: è lì che Paolo predicò per tre anni e scrisse le sue lettere ai Corinzi; lì Giovanni scrisse il suo Vangelo. E lì, dopo la morte di Giovanni, sulla sua tomba furono costruiti prima un memoriale e successivamente una grande basilica.
Ma che cosa è avvenuto di Maria? Comprensibilmente, Giovanni e le altre persone responsabili della sua vita non erano interessati ad attirare l'attenzione sulla sua presenza a Efeso, città dominata dall'imponente tempio di Artemide, dedicato al culto della Dea Madre: Oltre tutto, era compito loro e non suo sfidare il paganesimo nel mondo greco-romano e diffondere la "buona notizia" di Cristo. Il suo ruolo era semplicemente quello di tenere un profilo basso; per il bene suo e di tutti. Sfortunatamente per gli storici che si sono succeduti nei secoli, Maria c'è riuscita fin troppo bene!
Tuttavia essa non scomparve dai pensieri della crescente comunità cristiana di Efeso, che conservò viva la memoria del tempo da lei trascorso in mezzo ad essa. Non sorprende, quindi, che nel IV secolo la prima chiesa nella cristianità a essere dedicata alla Vergine Maria sia stata costruita a Efeso. Vale la pena ricordare che, all' epoca, una chiesa poteva essere dedicata a un santo solamente se questi era vissuto in quel posto o vi aveva subìto il martirio. E non è solo una pura coincidenza che quando, nel 431 d.C., fu convocato il III Concilio Ecumenico per proclamare Maria Madre di Dio, esso si sia riunito proprio nella chiesa dedicata alla Vergine Maria a Efeso.
Eppure solo nel XIX secolo si fecero tentativi per scoprire come e dove esattamente Maria fosse vissuta; in altre parole, per collegare la Maria celeste, la Regina del cielo, alla Maria terrena, l'anziana signora "addolorata" che aveva trascorso i suoi ultimi anni lontano dal tumulto che accompagnava la diffusione di quella religione che l'avrebbe «esaltata su tutte le donne».
L'uomo che per primo cercò di localizzare l'ultima dimora di Maria fu un prete parigino, don Julien Gouyet. Gli era capitato in mano un libro che raccontava dettagliatamente le visioni avute da una monaca tedesca inferma e segnata dalle stigmate, morta mezzo secolo prima. In quelle visioni la monaca descriveva, fornendo abbondanti particolari, la casa dove Maria da ultimo era vissuta e indicava anche la sua localizzazione. Don Gouyet fu affascinato dal libro, tanto che nel 1881 si recò ad Efeso per cercare la casa, seguendo le indicazioni della monaca. La trovò, infatti, sulla sommità della Bülbül Dagi, la "Collina degli Usignoli", appena a sud di Efeso. O quantomeno pensò di averla trovata. Ma dopo che ebbe riferito la scoperta ai suoi superiori a Parigi e a Roma, su questo argomento scese presto un velo di silenzio. Nessuno prese sul serio le sue affermazioni. Ci vollero altri dieci anni prima che, nel 1891, una serie di spedizioni alla casa raccogliesse testimonianze sufficienti a convincere le autorità ecclesiastiche che essa non era un vecchio rudere qualunque; e poi ancora altri anni di scavi e ricerche prima che gli studiosi fossero disposti ad accettare la possibilità che la casa sulla Collina degli Usignoli fosse davvero quella che aveva abitato Maria.
A questo punto devo confessare che la mia prima reazione alla "versione pia" sulle origini della casa non è stata dissimile da quella degli ecclesiastici. Anche dopo diverse visite ero decisamente scettico. Dopo tutto, mi sembrava difficilmente credibile che un vecchio edificio di pietra, per quanto remoto, per quanto piccolo e privo di attrazione, fosse passato inosservato per milleottocento anni. Inoltre la possibilità di crederci era messa alla prova ancor più dal fatto che la casa era stata "vista" per prima da una monaca malata mai uscita dalla Germania e le cui visioni avevano portato alla sua scoperta: un procedimento davvero strano!... Infine, se la scoperta era veramente un evento speciale, perché sulla casa non era reperibile nemmeno un libro, né sul luogo stesso né in qualche libreria delle città vicine?
D'altra parte, bisogna ammettere che anche la leggendaria Troia era riuscita a scomparire per tremila anni, mentre la stessa Efeso, città un tempo splendente di marmi, era sparita dalla vista per cinque secoli. Inoltre la scoperta di Troia nel 1873 da parte di Heinrich Schliemann era stata resa possibile solo dalla determinazione ostinata dell' archeologo nel seguire gli indizi presenti nell'Iliade, sicuramente non l'opera storiografica più affidabile. Efeso, invece, sarebbe rimasta sepolta per sempre sotto terra, se un ingegnere inglese, archeologo dilettante, John Turde Wood, non avesse seguito la descrizione di una processione trovata su un frammento di pietra. E, quindi, forse non si dovrebbe essere tentati di giudicare l'autenticità di una scoperta dalla maniera in cui viene fatta.
Ma tutto questo lasciava ancora aperto l'interrogativo sul perché, a quanto sembrava, non ci fosse un libro sull'argomento. C'erano le solite brochures e libretti turistici, che si ripetevano o si contraddicevano l'un l'altro, in un inglese straordinariamente eccentrico; ma non c'era un racconto affidabile su quello che era avvenuto effettivamente in quelle zone montagnose oltre un secolo fa o, per la storia in questione, venti secoli or sono. Con la curiosità alimentata dalla frustrazione, mi rivolsi a internet, alle agenzie specializzate nella ricerca di libri e ai migliori antiquari di libri. All'inizio i risultati furono deludenti, poi, un po' alla volta, cominciarono a emergere piccole informazioni, alcune in inglese ma più sovente in francese, tedesco e turco, paragonabili a quei frammenti di vetro in forme e colori diversi, che speri - e poi cominci a crederci! - possano formare una finestra di vetro colorato, se ricomposti convenientemente.
E ora si può credere alla mia ricostruzione? Sì, perché ritengo che i fatti della storia siano stati assemblati con scrupoloso rispetto e attenzione, e perché in nessun momento la storia è stata rielaborata per accomodarla a esigenze religiose. Tuttavia bisogna realisticamente ammettere che la permanenza di Maria sulla Collina degli Usignoli, per quanto la cosa possa risultare suggestiva e commovente, rimane un indizio, una possibilità, al massimo una probabilità, e così forse resterà per sempre, in un certo senso non diversamente da altre affermazioni basate su pie e persistenti tradizioni religiose storicamente indimostrabili.
Ma credere che sulla Collina degli Usignoli sia stata scoperta davvero la casa di Maria, a me, sinceramente, sembra essere quanto di meno difficile - e improbabile esista al mondo!
La città di Efeso al tempo di Maria e Giovanni
Negli anni immediatamente successivi alla morte e risurrezione di Gesù, la piccola setta di agitatori conosciuti come cristiani godette, a Gerusalemme, di un periodo di relativa tolleranza. Ma quando il loro numero e la loro influenza aumentarono, la pazienza delle autorità giudaiche cominciò a diminuire, finché nel 37 d.C. scomparve del tutto. Quell'anno vide il martirio di santo Stefano e con esso l'inizio della persecuzione diretta della comunità cristiana di Gerusalemme. Nel corso dei cinque anni successivi la persecuzione divenne più crudele, raggiungendo il suo culmine nel 42 d.C., quando Erode Agrippa I salì al trono e ordinò l'imprigionamento di san Pietro e la decapitazione di san Giacomo, fratello di san Giovanni.
Fu così che, in quel frangente, la maggior parte dei cristiani, compresi probabilmente san Giovanni e la Vergine Maria, fuggirono. Molti trovarono rifugio in Giudea e in Samaria, ma coloro che, come Giovanni, erano incaricati di diffondere il messaggio di Gesù, andarono più lontano. Giovanni raggiunse Efeso e, fedele al suo impegno con Gesù morente, condusse con sé Maria e diversi altri credenti.
È difficile immaginare le difficoltà di un viaggio di quella lunghezza, in quelle condizioni, su quel terreno. Maria soprattutto dovette soffrire durante quella lunga fuga fuori della Terra Santa: all' epoca poteva avere una sessantina d'anni. Non possiamo immaginare la reazione di questo gruppetto di rifugiati alla vista dello splendore di Efeso: essa era una delle più grandi città dell'Oriente, uno dei più importanti centri economici dell'Impero romano, sede della prima banca del mondo, città di grandi ricchezze e tra le più popolose. L'effetto dev'essere stato sorprendente.
1. Sguardo panoramico sulla città
Avvicinandosi a Efeso, lungo quella che viene ora chiamata la via della Vergine Maria, devono essersi trovati di fronte alle imponenti mura della città costruite da Lisimaco, generale di Alessandro Magno e poi suo successore, nel III secolo a.c. Sulla sinistra le mura si sviluppavano lungo le pendici superiori della Collina degli Usignoli. Entrando per la Porta di Magnesia, si raggiungeva dapprima l'Agorà statale: un'imponente piazza pubblica circondata da edifici che servivano da centro amministrativo della città. Lungo il lato nord, di fronte alla strada, si trovava una grandiosa basilica che ospitava i tribunali. La piazza stessa, un' area semisacra dove si tenevano riunioni politiche e religiose, era nascosta alla vista, ma il grande frastuono che arrivava da essa ne segnalava l'importanza. Appena oltre l'Agorà, dall'altra parte della via, si trovavano le otto grandi colonne dori che del Pritanèo, dietro il quale bruciava giorno e notte la fiamma sacra di Efeso. Più lontano si trovavano imponenti monumenti e fontane che insieme costituivano il sigillo imperiale di Roma.
Proseguendo si arrivava al passaggio ad arco che si apriva sulla via dei Cureti, che prendeva il nome da un particolare ordine di sacerdoti consacrati ad Artemide. Essa conduceva giù verso il centro della città. La via era delimitata da statue marmoree raffiguranti i dignitari di Efeso ed era fiancheggiata da portici con pavimenti mosaicati. Su questi portici si alzavano da entrambi i lati degli edifici, soprattutto pubblici e commerciali sulla destra, privati e residenziali sulla sinistra; ancora a sinistra, su per il pendio della collina, si erigevano le ville dei ricchi e dei potenti.
Svoltando a destra in fondo alla via dei Cureti, Maria e i suoi compagni si sarebbero trovati di fronte a una delle viste più straordinarie del mondo antico. Sulla sinistra si trovava la monumentale Porta a tre archi di Mazzeo e Mitridate, attraverso la quale si accedeva all'Agorà commerciale, la piazza del mercato della città. Al suo esterno, lungo più di un centinaio di metri, si trovavano file di negozi dietro gallerie con portici. Più avanti, al di là della strada, sulla destra, si trovava il Teatro Grande, un impressionante anfiteatro costruito sul pendio della collina che poteva accogliere 24.000 spettatori. E più oltre, in lontananza, si trovava l'imponente tempio di Artemide, una delle sette meraviglie del mondo, lungo 155 metri e largo 55, con una doppia fila di colonne monolitiche alte 22 metri che circondavano le mura: il più grande edificio del mondo, interamente costruito in marmo.
Poi, guardando dal Teatro Grande giù verso il porto, si trovava la via del Porto (successivamente chiamata via Arcadiana dal nome dell'imperatore Arcadio, inizio del V secolo), un'ampia strada fiancheggiata da colonne, pavimentata di marmo e affiancata da negozi dietro enormi colonne. Tra i negozi e le colonne correvano vialetti pedonali pavimentati con elaborati mosaici. Di notte la via, lunga oltre cinquecento metri, era illuminata da cinquanta grandi torce, il che faceva di Efeso, insieme a Roma e Antiochia, una delle tre città antiche che avesse strade illuminate. Ma la via del Porto non era solo una ricca arteria mercantile di grande traffico: siccome terminava presso il porto, sempre affollato di navi provenienti da tutto il mondo conosciuto, essa era anche la via di accesso cerimoniale alla città, attraverso la quale erano passati imperatori, personaggi potenti e altre figure storiche, tra le quali Antonio e Cleopatra, nelle loro visite a Efeso.
Si ritiene che Maria abbia trascorso i suoi primi mesi a Efeso in una casa a nord della via del Porto, vicino a un' ampia arena sportiva, mentre Giovanni faceva costruire per lei una casa sulla Collina degli Usignoli. Ovviamente, non avrebbe senso speculare sulle circostanze esatte della vita di Maria a Efeso, ma si possono quantomeno dire due cose con un certo grado di sicurezza. La prima e più importante: è improbabile che si sia sentita in pericolo di fronte alle autorità locali. Il governo della città era conosciuto per la sua tolleranza religiosa, che, ad esempio, permetteva agli Ebrei, nonostante il loro monoteismo singolare, di avere sinagoghe e praticare la loro religione apertamente, senza subire interferenze. E quindi non c'era timore di persecuzioni, come invece era avvenuto a Gerusalemme. In secondo luogo, il comfort materiale di Maria probabilmente fu molto più grande a Efeso di quanto fosse stato in precedenza. Dopo rutto, Efeso era una delle poche città al mondo in cui la maggior parte delle case era dotata di acqua corrente e dove si poteva trovare con facilità ogni sorta di cibi, vestiario e attrezzature domestiche.
La maggior parte delle cose necessarie si poteva trovare nell'Agorà commerciale, sia per quanto riguardava i cibi (pane, verdure, cereali, carne, pesce, animali vivi, olio di oliva, vino, miele, sale ed erbe e spezie arabe) sia per quanto riguardava gli oggetti per la casa (utensili da cucina di rame, scodelle, anfore e lampade a olio). Per chi poteva spendere, c'erano anche sete, profumi e gioielleria fatta con pietre preziose. Vi si poteva comperare anche il lavoro, perché schiavi e uomini liberi che cercavano occupazione si ritrovavano lì all'alba e aspettavano di essere ingaggiati da chi aveva bisogno di lavoratori a giornata.
2. La popolazione
Gli operatori commerciali, i venditori ambulanti e i commercianti della città erano ancora abbondantemente superati in numero dai lavoratori dei campi. L'agricoltura era molto importante per l'economia efesina, e molti dei cittadini ricchi avevano fatto fortuna con la coltivazione delle terre che attorniavano Efeso... Ma i cittadini più considerati erano coloro che avevano contribuito in modo significativo ad abbellire la città. Al vertice si trovavano gli scultori, seguiti dagli architetti, dai produttori di ceramiche (specialmente decoratori di vasi), tessitori e tintori, tagliatori di pietre, argentieri, gioiellieri, intagliatori di avorio, fabbri ferrai e vetrai. I dottori erano importanti, certo, ma non molto più dei barbieri. E fa riflettere piacevolmente il fatto che gli avvocati fossero tenuti a offrire i loro servigi gratuitamente, anche se era permesso loro richiedere un compenso simbolico.
C'era, poi, un lusso alla portata di tutti gli efesini, indipendentemente dalla loro condizione sociale o economica, ed era quello delle terme pubbliche. C'erano ambienti separati per uomini e donne, ma alle donne era permesso accedere ai bagni degli uomini nelle prime ore del mattino... Un ricco, alle terme, poteva trascorrere tutto il pomeriggio, seduto con gli amici a discutere di ogni questione e a risolvere tutti i problemi del giorno. E c'era molto di cui discutere negli anni dopo l'arrivo di Maria nella città. Ricordiamo gli eventi principali: l'assassinio di Caligola da parte dei suoi pretoriani nel 42 d.C.; l'invasione romana della Britannia e la costruzione di un insediamento chiamato Londinium sulle rive del Tamigi nel 43; la controversa predicazione a Efeso di Paolo a partire dal 53; l'avvelenamento di Claudio da pane della moglie Agrippina nel 54 e il suo assassinio nel 59 su ordine del figlio Nerone, il quale poi fece uccidere la moglie Ottavia nel 62, prima di uccidersi a sua volta nel 68, due anni prima della distruzione di Gerusalemme nel 70; una serie di scosse di terremoto che si fecero sentire in vari punti dell'Impero e culminarono con la scomparsa di Pompei sotto le ceneri del Vesuvio nel 79. Di sicuro, molto su cui discutere!
E i ricchi, quando non se la spassavano alle terme, si godevano le loro ville sontuose. Molte erano a tre piani e avevano interni stupendi. Ogni casa si innalzava attorno a un ampio cortile interno pavimentato in marmo - che poteva estendersi fino a cinquanta metri quadrati, scoperti in alto per lasciar entrare la luce del sole - di solito con una fontana al centro e circondato da colonne ugualmente di marmo. Il piano superiore della villa era sempre occupato dalle camere da letto. Il piano terra era riservato agli "ambienti pubblici": sala da pranzo, soggiorno e la sala principale dove i padroni di casa accoglievano gli ospiti. Alle estremità si trovavano gli ambienti della servitù: cucina, bagno, toilette e lavandini... Ogni casa aveva la sua cisterna o il pozzo, oltre all'acqua corrente della città, e ognuna aveva il riscaldamento centralizzato, con lo stesso sistema ad ipocausto che riscaldava le terme pubbliche.
Oltre alle amenità offerte dalle terme pubbliche, un altro piacere di cui approfittavano tanto i ricchi quanto i poveri, anche se evidentemente in misura diversa, era quello della buona tavola. La dieta era costituita da cibi a base di farina di frumento, con cipolle, aglio e formaggi... Inoltre abbondavano pesce e carne di maiale. Naturalmente nelle case dei ricchi i pasti erano più vari e abbondanti.
Tutti i pasti - sia quelli del ricco sia quelli del povero - avevano tre cose in comune: il vino, il miele e il sale. Va detto che Efeso era famosa per il suo vino - ogni anno il 19 agosto c'era la festa del vino - e per il miele (l'ape, che era anticamente il simbolo di Efeso, compare in alcune delle sue monete). Quanto al sale, era considerato così importante che anche le famiglie più povere facevano dei sacrifici per poter acquistare una saliera per la tavola.
In materia di abbigliamento ci voleva poco per distinguere i benestanti dai cittadini meno privilegiati. Il vestiario quotidiano era costituito dalla tunica, fatta di un misto di cotone e lana per la gente comune, e di costosa seta per chi aveva disponibilità maggiori. C'erano tuniche con maniche e altre senza, ma tutte erano munite di cintura ai fianchi. Le tuniche degli uomini erano corte e costituite da un singolo pezzo di tessuto. Quelle delle donne erano lunghe e costituite da due pezzi di tessuto, uno indossato sopra l'altro. E mentre gli uomini erano tutti vestiti di bianco, le donne, invece, indossavano tuniche di vari colori, tra i quali il blu, il violetto e il giallo zafferano erano i più comuni. La familiare toga romana era indossata raramente al di fuori delle grandi occasioni, dei sacrifici e delle feste pubbliche. I lavoratori manuali e gli schiavi solitamente indossavano un indumento marrone, a forma di sacco, chiamato cucullus, che scendeva dal collo fino alle ginocchia.
Al tempo in cui Maria giunse a Efeso, gli uomini non portavano più la barba, ma si erano conformati a una delle mode più eccentriche del tempo: quella dei capelli biondi. Tanto gli uomini quanto le donne si facevano vedere con i capelli tinti di biondo o con parrucche bionde.
Tutto sommato, la Efeso in cui Maria si trovò a vivere era un luogo felice e civile. Questo era dovuto in parte alla sua ricchezza e in parte al governo della città, che era particolarmente illuminato anche secondo gli standard moderni. C'era un sistema fiscale imparziale e quando era parziale lo era per favorire il povero. Ad esempio, c'era una tassa standard di un denaro per il rilascio del certificato di nascita, ma se la madre era un membro della classe agiata, o intendeva essere considerata tale, la tassa era di cento denari. Allo stesso modo, il povero aveva diritto a ricevere certi benefici per i bambini, anche grano gratuito e l'entrata libera alle terme pubbliche. Il consiglio amministrativo della città, il Demos, teneva le sue riunioni nel Teatro Grande, alle quali tutti gli efesini potevano assistere liberamente. Il Teatro Grande era anche sede di frequenti concerti musicali, recital poetici ed esibizioni di spettacoli classici. Gli efesini del I secolo erano tra la gente più fortunata dell'Impero, e lo sapevano!
3. Paolo e i primi cristiani a Efeso
Non c'era nulla, si può dire, che potesse disturbare il benessere degli efesini - e certo anche il loro auto compiacimento - fino al 53 d. c., quando arrivò sulla scena Paolo di Tarso, il quale fece conoscere ad essi che i loro dèi erano un nulla: in realtà c'è solo un unico Dio! All'inizio egli predicò nelle sinagoghe, ma dopo qualche mese si trasferì nella sala conferenze di Tiranno, dove per due anni e mezzo insegnò ogni giorno dalle undici del mattino alle quattro del pomeriggio. Durante quel periodo molti si convertirono, ma ciò provocò malumori e preoccupazioni particolarmente tra gli argentieri, che traevano buoni profitti soprattutto dalla vendita di statuette e medaglioni della dea Artemide.
Uno di essi, un certo Demetrio, alla fine decise di fare qualcosa contro questa minaccia nei confronti del loro commercio, e così organizzò una riunione di tutti coloro la cui sussistenza dipendeva da Artemide e dalle altre divinità greco-romane. Dopo essere riuscito con successo a infiammare gli ascoltatori evocando i timori per gli affari, soffiò sul fuoco insistendo che quell'intruso cristiano insultava anche la dignità della grande dea. Nella loro furia collettiva, gli uditori aumentarono fino a diventare una folla che prese d'assalto il Teatro Grande, dove per due ore gridarono: «Grande è l'Artemide degli efesini!». Mentre il contagio della collera si diffondeva tra la folla, il teatro si riempì di gente che non aveva idea del perché ci fosse tutto quel rumore. E così - ma non per l'ultima volta nella storia - l'interesse commerciale privato e una demagogia spudorata si accordarono perfettamente per creare una "opinione popolare" a proprio vantaggio.
Paolo era intenzionato ad affrontare la folla, per misurarsi di persona con la loro rabbia, ma gli amici lo persuasero diversamente. Poi, con il loro aiuto, riuscì a malapena a mettersi in salvo. Alla fine, l'ordine venne ristabilito solo dopo che il cancelliere della città si presentò alla folla ricordando che, se qualcuno aveva delle accuse da fare, il tribunale era il luogo indicato per cercare giustizia. Poco dopo, Paolo lasciò Efeso e andò in Macedonia. Probabilmente nel 64 d. C. egli subì il martirio a Roma, e Giovanni divenne il capo della Chiesa di Efeso.
Ma quelle degli apostoli non furono le uniche presenze cristiane influenti a Efeso, durante i primi tempi della Chiesa. Anche Luca probabilmente fu a Efeso per un certo periodo, e alcuni studiosi ritengono che a Efeso abbia scritto il suo Vangelo. Si racconta che anche Marco avrebbe accompagnato Pietro a Efeso, mentre Filippo vi avrebbe trascorso un certo periodo prima di trasferirsi a Gerapoli, circa cento cinquanta chilometri a est di Efeso, dove predicò fino al martirio.
Quanto di questa attività missionaria sia arrivata all'attenzione di Maria, o quanto ella sia vissuta e abbia potuto vedere di tutto questo, nessuno lo sa. Siccome si ritiene che si sia trasferita nella casa sulla Collina degli Usignoli pochi mesi dopo il suo arrivo a Efeso, dovrebbe essere rimasta lontana dal rincorrersi quotidiano delle notizie che caratterizzava la metropoli in basso. D'altra parte, i membri della comunità cristiana efesina in continua crescita, alcuni dei quali vivevano proprio nelle sue vicinanze, sul fianco della montagna, di sicuro la tenevano al corrente degli eventi, mentre Giovanni stesso poteva informarla sulle sue attività apostoliche.
Allo stesso modo, possiamo solo fare delle congetture su quanto a lungo Maria abbia vissuto in quella casa. Alcuni anticipano la morte di Maria fino al 43 d. C, altri invece la posticipano fino al 63. La mia opinione è che la morte sia avvenuta probabilmente a metà fra queste due date. Non lo sapremo mai, come del resto non sapremo mai la data esatta della crocifissione di Gesù. Quello che importa è che, grazie alla curiosità e caparbietà di alcuni uomini e donne di molti secoli dopo, ora conosciamo molto più di quanto si sia mai saputo sugli anni che precedettero la morte di Maria, e sono convinto che in futuro sapremo ancora di più.
La sedimentazione della storia
Quale che sia la data esatta della morte di Maria, essa avvenne in un momento cruciale per Efeso e anche per la Chiesa. Da una pare, Efeso stava entrando nel suo periodo aureo. Tra la metà del I secolo e la fine del II secolo d.C. la città era tutto uno splendore di marmi: templi, teatri, scuole, stadi, fontane, terme, ville sempre più sontuose, strade, porte monumentali e la straordinaria Biblioteca di Celso furono tutti costruiti in quell'arco di tempo. Per quanto riguarda la Chiesa, invece, a partire dal martirio di Paolo e Pietro - rispettivamente nel 64 e nel 67 - essa era entrata in un periodo di persecuzioni.
Tuttavia il futuro non era poi tanto luminoso per Efeso e neppure così difficile per la Chiesa, come sarebbe potuto apparire all' epoca. Efeso, pur in mezzo all'esuberanza delle sue opere pubbliche, non aveva ancora risolto il secolare problema dell'interramento del porto. Nel 61 d.C. le autorità municipali avevano fatto uno sforzo decisivo per dragare il porto, ma il limo trasportato dal fiume Caistro continuava a minacciare di separare la città dal mare, cioè dalla fonte principale della sua ricchezza. Quando l'imperatore Adriano, nel 129 d.C., visitò la città, assicurò il suo sostegno entusiasta a un progetto massiccio di ripulitura del porto. Gli efesini, però, combattevano una battaglia che erano destinati a perdere.
1. Declino di Efeso e affermazione del cristianesimo
Nel frattempo, lontano dai clamori, il cristianesimo stava mettendo radici e diffondendosi ovunque. Al tempo della morte di Giovanni (fine del I secolo d.C.) si registravano una ventina di chiese tra Efeso e l'Asia Minore, ed esisteva già un significativo corpo di Scritture cristiane con cui sostenere i fedeli ed educare i pagani che si convertivano, cioè gli scritti che formano il Nuovo 1èstamento.
Ma non era solo il limo a minacciare la prosperità di Efeso. C'era anche un nemico invisibile: l'inflazione. Alla morte di Nerone, nel 68 d.C., la proporzione d'argento presente nel denarius era scesa al 74%, a fronte del 94% dei tempi di Augusto, e la moneta aveva perso mezzo grammo di peso. La combinazione tra un porto che andava sia pur lentamente scomparendo e una moneta che si stava rapidamente svalutando, alla fine avrebbe sicuramente soffocato Efeso. Inoltre, nel 262 d.C. la città subì un colpo dal quale non si sarebbe mai ripresa completamente: una flotta di cinquecento navi, raccolta dai Goti in Crimea, scese dal Bosforo e attaccò la città, saccheggiandola e distruggendo il tempio di Artemide. Un secolo più tardi, nel 365 e nel 368, due spaventosi terremoti misero fine al periodo d'oro dell'epoca romana e alla gloria architettonica di Efeso.
Ma già prima di queste calamità Efeso aveva cominciato a riprendere vita in altro senso, particolarmente come una delle culle, o centri di diffusione, del cristianesimo. Dopo che nel 313 l'editto di Milano aveva decretato la tolleranza ufficiale nei confronti del cristianesimo, l'antico Mouséion, l'edificio più grande di Efeso, fu trasformato in chiesa e dedicato alla Vergine Maria (all'epoca si contavano centosessantacinque chiese cristiane tra Efeso e l'Asia Minore, contro le settantasette in Italia e le ventiquattro in Palestina). Successivamente, sulla tomba di san Giovanni fu costruita una grande basilica, sulla collina di Ayasoluk, poco a nord di Efeso. Quando nel 380 il cristianesimo divenne la religione ufficiale dell'Impero romano, Efeso era certamente riconosciuta come uno dei luoghi della sua irradiazione, ma anche come luogo della morte della Madre di Cristo.
Il riconoscimento più grande avvenne nell' estate del 431, quasi esattamente quattro secoli dopo la crocifissione di Gesù, quando le supreme autorità ecclesiastiche decisero di tenere il III Concilio Ecumenico a Efeso, presso la chiesa della Vergine Maria. In quell'occasione i Padri del Concilio proclamarono Maria Theotokos, vocabolo greco che significa "genitrice di Dio": Maria è vera Madre di Dio perché Gesù, nato da lei, è il Figlio di Dio. Per sottolineare ulteriormente la ragione per cui era stata scelta Efeso come luogo per confermare la maternità divina di Maria, alla fine del Concilio l'assemblea dei vescovi inviò una lettera al clero che metteva in risalto come Efeso fosse «il luogo dove vissero Giovanni il teologo e la beata Vergine Maria».
Sembrerà strano che i Padri del Concilio, riuniti a due passi dalla casa sulla Collina degli Usignoli, non abbiano approfittato dell'occasione per interessarsi alle testimonianze rimaste della presenza di Maria a Efeso. In realtà, non siamo informati di nulla. Ma, in fondo, i Padri erano troppo occupati in gravi questioni teologiche per lasciarsi attirare da considerazioni di altro ordine. O forse furono gli stessi cristiani di Efeso a influenzare il loro atteggiamento dichiarando: «Maria non è più qui».
2. La casa di Maria diviene la casa di Giovanni
Da allora in poi fu sempre san Giovanni a essere associato a Efeso. Nel VI secolo l'imperatore Giustiniano fece costruire un'imponente basilica sopra la tomba di Giovanni e la precedente basilica del IV secolo. Lunga oltre 157 metri e larga 78, con sei cupole alte 35 metri, la chiesa copriva l'intera sommità della collina di Ayasoluk. Solo Santa Sofia a Costantinopoli, completata nel 532, rivaleggiava con essa in magnificenza (tra l'altro, la maggior parte del marmo usato nella sua costruzione proveniva dalla demolizione dello Stadio di Efeso, dove un tempo i cristiani venivano esposti alla morte). All'epoca, però, il riempimento del porto aveva trasformato il tutto in acquitrino malsano, con il risultato che quasi tutta la parte restante della popolazione di Efeso si era spostata sul terreno più elevato che circonda la collina di Ayasoluk.
E così, quando il collegamento di Efeso con il mare fu definitivamente interrotto dal fango del fiume Caistro, anche il collegamento storico di Maria con Efeso scomparve sotto il fango dei secoli. Quando Gregorio di Tours, che scrive nel VI secolo, si riferisce esplicitamente alla casa «sulla cima di una montagna nelle vicinanze di Efeso [che aveva] quattro muri senza un tetto», aggiunge solo che «Giovanni era vissuto lì». Un secolo più tardi san Willibaldo, vescovo di Eichstadt, fece un pellegrinaggio a Efeso dove - così scrive - salì sulla montagna alla casa «dove Giovanni evangelista era solito pregare». La casa di Maria era diventata la casa di Giovanni.
Maria fu ulteriormente separata dal suo passato terreno dalla celebrazione che prese avvio nel VII secolo: la festa dell'Assunzione (o Dormizione, come allora era chiamata), il 15 agosto. Poi, nel IX secolo, papa Leone IV (847-855) fece precedere la festa da una vigilia e seguire da un' ottava, solennizzandola in questo modo sopra altri giorni di festa. Infine, papa Nicola I (858-867) elevò l'Assunzione allo stesso livello del Natale e della Pasqua, mettendo così in parallelo l'assunzione di Maria in cielo con la risurrezione di Cristo. Di conseguenza, Maria cominciò a essere dipinta nell'arte bizantina con prerogative regali, come la regina del cielo, in trono e con lo scettro. In Europa le furono dedicate chiese e cattedrali, tanto che le campane che suonavano l'Angelus - diventato nel frattempo preghiera abituale rivolta a Maria - si potevano udire dalle Isole Britanniche fino al Medio Oriente. Davvero, alla fine del primo millennio, Maria aveva fatto molta strada partendo dalla casetta sulla Collina degli Usignoli!
All'inizio del secondo millennio il cristianesimo si era diffuso in Grecia, Italia, Francia, Spagna, Isole Britanniche, Germania, Polonia, Boemia, Moravia, Serbia, Bulgaria e Russia. Ma il primo secolo del nuovo millennio vide anche sorgere, in Oriente, una nuova minaccia per i cristiani: i Turchi Selgiùchidi si erano riversati nell'Asia Minore, mettendo in rotta l'esercito bizantino nel 1071 a Manzikert, vicino al Lago Van, nell'attuale Turchia orientale. Nel giro di pochi anni i Selgiùchidi raggiunsero la costa del Mar Egeo, obbligando i cristiani di Efeso - per citare solo un esempio, ma molto importante - a rifugiarsi sulle montagne dove fondarono il villaggio cristiano di Kirinca.
In parte come risposta a questa nuova minaccia, e in parte come conseguenza della costante frustrazione dei cristiani nel vedere Gerusalemme sotto il dominio dell'islam, papa Urbano n, nel 1095, lanciò un appello perché partissero per la Terra Santa e combattessero per liberare Gerusalemme. Dire che l'invito ebbe successo, sarebbe dire poco. L’anno seguente vide l'avvio della prima Crociata e, con essa, due secoli di incessanti lotte nelle quali i cristiani cercarono di tornare alle loro radici con la forza.
3. L’arte cerca la «Madre di Gesù»
Alla fine del secolo XIII la figura di Maria cominciò a subire una trasformazione nell' arte occidentale: si prese a raffigurarla in forme meno distanti, meno regali e più umane, con gesti ed espressioni più familiari. Il punto di svolta si ebbe probabilmente con i meravigliosi affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, nel corso del primo decennio del XIV secolo. Il suo approccio venne poi adottato dai pittori della scuola fiorentina, dopo di che, nel corso dei due secoli successivi, la Madre di Dio reclamò l'altro suo ruolo di Madre di Gesù, mentre la raffigurazione della sua immagine passò nelle mani dei grandi maestri del Rinascimento: Beato Angelico, Botticelli, Ghirlandaio, Perugino, Piero della Francesca, Mantegna, Dürer, Holbein, Bellini, Lippi, Lucas Cranach, Giorgione, Raffaello, Leonardo, Michelangelo e Tiziano, tra gli altri. Tra molti altri: alla fine del XVI secolo Maria era quasi sicuramente la figura più rappresentata nell' arte del mondo occidentale, se non del mondo intero. Allo stesso tempo la devozione a Maria si era affermata nelle immense cattedrali gotiche che allora dominavano i territori dell'Europa: slanciati inni di pietra elevati alla gloria della vera fede, dove l'omaggio alla Vergine risuonava tra le volte svettanti, specialmente dopo il 1568, quando l'Ave Maria, grazie al Rosario, divenne la preghiera mariana più abituale e più diffusa tra i cattolici.
Ma che cosa era avvenuto della Maria efesina, la mite, anziana "signora" che aveva trascorso il suo tempo in ambienti così umili da essere quasi completamente dimenticati? In realtà, nonostante gli sforzi congiunti anche se non deliberati di teologi e di artisti, né lei né Efeso erano state completamente dimenticate. Nel 1650, il frate francescano Francesco Quaresmi scrisse che quando san Giovanni «partì per predicare il vangelo in Asia Minore, egli prese con sé la santa Madre di Dio e visse a Efeso». Poco tempo dopo lo storico ecclesiastico francese Louis de Tillemont scrisse: «Riteniamo che non ci siano dubbi sul fatto che Maria sia vissuta a Efeso e vi sia anche morta». Nel secolo successivo il papa Benedetto XIV (17401758) si pronunciò sul caso in modo ancora più enfatico, annunciando chiaramente che «la beata Maria aveva concluso la sua vita a Efeso ed era salita al cielo».
Voci come queste avrebbero probabilmente continuato a farsi sentire finché le sabbie del tempo - metaforiche e insieme reali - non avessero definitivamente sepolto le ultime tracce della Maria terrena, se non fosse stato per un' altra voce, uscita dalla fonte meno probabile e immaginabile, che avrebbe parlato e posto fine per sempre all'esilio di Maria nei lontani recessi della storia.
Le visioni della Beata Anna Katharina Emmerick
1. La Rivoluzione francese
Alla fine del XVIII secolo l'intero continente europeo fu sconvolto dalle ondate d'urto causate dalla Rivoluzione francese. Thomas Carlyle (1795-1881) l'ha definita «la cosa più spaventosa mai nata nei tempi», e sicuramente spaventoso era il suo più ovvio prodotto derivato, quel Terrore giacobino che scatenò un delirio di massacro. Inizialmente furono solo i nobili e alcuni cortigiani a salire sulle carrette dei condannati a morte che avanzavano rumorosamente verso il patibolo in mezzo a folle deliranti, zittite momentaneamente solo dal rumore metallico della lama della ghigliottina. Ma quando il terrore cominciò a nutrirsi di se stesso, allora le ceste cominciarono a riempirsi di teste di rivoluzionari oltre che di controrivoluzionari. Nel 1794 la Rivoluzione aveva decapitato se stessa.
Tuttavia, prima di arrivare a quel punto, essa aveva sguinzagliato i cani dell' odio che erano corsi ringhiando in ogni angolo dell'Europa, inseguendo tutto quello e tutti coloro che fossero anche lontanamente associati all' Ancien Régime. Questo significa, evidentemente, che la Chiesa e il clero si trovarono a essere tra i bersagli preferiti. Ma ciò non spiega ancora come mai la furia anticlericale dei giacobini si sia riversata in modo così violento, così velenoso sulla stessa Vergine Maria. Le immagini di Maria furono rimosse dalle chiese e bruciate; le statue furono frantumate in mille pezzi, tra esse le famose Madonne Nere delle cripte di Mont-Saint-Michel e di Chartres. Tutto quello che finora era stato ritenuto sacro, divenne oggetto di scherno sacrilego per le folle riversate sulle strade.
Il Concordato di Napoleone con papa Pio VII nel 1801 pose fine ai peggiori eccessi della Rivoluzione, ma anche dopo che i sogni napoleonici d'impero travolsero di gran lunga le peggiori fantasie repubblicane, la ricaduta tossica del Terrore continuò ad avvelenare il clima in cui le comunità religiose furono obbligate a operare un po' in tutta l'Europa. Una di queste fu il convento agostiniano di Dülmen, una cittadina di campagna a sud-ovest di Münster, in Germania.
2. Le visioni di Anna Katharina Emmerick
Per ampliare le brevi notizie riferite in queste pagine, cfr. P. Giovetti, La monaca e il poeta. Anna Katharina Emmerick e Clemens Brentano, Edizioni San Paolo, 2000.
Nel 1812 tutti i monasteri e i conventi della Germania occidentale furono chiusi e anche le monache di Dülmen poterono sopravvivere solamente grazie alla carità di quei fedeli in grado di accoglierle nelle loro case. Forse la più difficile da sistemare fu suor Anna Katharina Emmerick, una monaca di trentotto anni, in uno stato di salute talmente pietoso da essere praticamente confinata a letto da lungo tempo. Alla fine, tuttavia, anche per lei si trovò una sistemazione. Essa non avrebbe più lasciato il letto fino alla morte, dodici anni più tardi, e in tutto quel tempo la sua stanza fu quasi costantemente sotto assedio da parte di gente devota di ogni condizione: aristocratici e contadini, prelati e laici, letterati e ignoranti, ricchi e poveri, giovani e vecchi, molti dei quali avevano percorso grandi distanze anche solo per vederla di persona. Tutto questo per il fatto che nella notte del 29 dicembre 1812 - mentre i resti della Grande Armée di Napoleone stavano arrivando alla spicciolata in Francia, lasciandosi dietro le nevi della Russia macchiate dal sangue di mezzo milione di uomini - suor Anna Katharina cominciò improvvisamente a sanguinare dalle mani e dai piedi.
Essa ebbe anche numerose visioni che ottant'anni più tardi avrebbero condotto alla riscoperta della casa sulla Collina degli Usignoli.
Figlia di poveri lavoratori agricoli, Anna Katharina era nata l'8 settembre 1774. Già da ragazzina aveva messo in luce le due caratteristiche che avrebbero contraddistinto la sua vita da adulta: una salute cronicamente fragile e una fede incrollabile. Anche se il lavoro agricolo la sfiniva, nondimeno essa trovava regolarmente la forza di portare a termine la lunga e impegnativa «Via Crucis» che era stata riprodotta fuori della cittadina. E quando i lavori dei campi alla fine cominciarono a minacciare la sua salute, essa andò a lavorare come cucitrice, e lì impressionò tutti con la sua abilità a preparare vestiti e a pregare nello stesso tempo.
Col passare degli anni, la sua pietà si irrobustì fino a diventare determinazione a entrare in un convento, ma le fu opposto un rifiuto dietro l'altro, per il fatto che non poteva mai presentarsi con la piccola dote richiesta, a quei tempi, per una monaca. Essa aveva distribuito tutto quello che aveva guadagnato come cucitrice, e gli stessi conventi erano troppo poveri per addossarsi altri carichi economici. Ma questo non fece che approfondire la sua determinazione a consacrare la propria vita a Cristo e alla Chiesa. Poi, all'età di ventiquattro anni, la Emmerick cominciò a provare certe sofferenze che riproducevano quelle di Gesù nelle sue ultime ore, tra cui ferite sulla sinistra della fronte causate da una corona di spine invisibile. Finalmente all'età di ventotto anni, con il capo coperto di lesioni di origine sconosciuta, fu ammessa nel piccolo convento agostiniano di Dülmen, dove visse fino alla soppressione delle comunità religiose nel 1812. Poi, poco dopo il Natale 1812, venne la notte in cui si manifestarono le stigmate.
Coloro che erano presenti quella notte riferirono che, mentre Anna Katharina pregava, la sua faccia divenne rossa e sembrò che fosse colpita da febbre alta. Poi, all'improvviso, la sua figura divenne tutta luminosa, particolarmente nelle mani e nei piedi, che apparvero bagnati di sangue come se fossero stati trafitti da punture. Allo stesso tempo, sul fianco comparve una ferita sanguinante. Quelli che videro queste cose, comprensibilmente furono presi dal panico e cercarono subito un medico; ma la sua situazione andava al di là delle capacità diagnostiche della scienza medica. Seguirono poi due lunghe e penose inchieste: una da parte della commissione ecclesiastica e l'altra da parte della commissione civile. Entrambe arrivarono alla conclusione che, per quanto era possibile accertare, le stigmate erano assolutamente autentiche.
Per i restanti dodici anni della sua vita, suor Anna Katharina rimase costretta a letto, costantemente sofferente, sanguinando nelle bende e avendo visioni di tale intensità e vivezza che cominciarono ad attirare l'attenzione di persone ben al di là della diocesi di Münster. Una di queste persone fu Clemens von Brentano (1778-1842), il poeta romantico tedesco, che giunse al suo capezzale nel 1818 e vi ritornò spesso fino alla morte di lei, avvenuta nel 1824. Egli trascrisse i racconti delle sue visioni, sottoponendoli poi sempre alla sua approvazione. Queste trascrizioni furono pubblicate intorno alla metà del secolo (in particolare, la Vita della santa Vergine Maria nel 1852), quindi trenta-quarant'anni prima che i vari cercatori muovessero verso quella che i Turchi chiamavano Meryem Ana Evi, la «Casa della Madre Maria».
Le visioni registrate da Brentano occupano diversi volumi e riguardano soprattutto eventi della vita di Cristo e di Maria. Solo poche pagine sono dedicate al periodo conclusivo della vita di Maria a Efeso, e queste poche non riferiscono gli avvenimenti in ordine logico e nemmeno cronologico, ma tendono ad essere circolari anziché lineari, creando e poi chiarendo le ambiguità. Riporto quindi, tralasciando dettagli poco significativi, le visioni di Anna Katharina Emmerick relative al periodo finale della vita di Maria a Efeso.
Vita di Maria a Efeso secondo Anna Katharina Emmerick
La citazione delle visioni di Anna Katharina Emmerick è tratta dalla Vita della santa Vergine Maria, testo raccolto da Clemens Brentano; edizione italiana a cura di P. Giovetti, Edizioni San Paolo, 2008, pp. 199-226. Per l'occasione, la traduzione italiana delle pagine che riportiamo è stata nuovamente confrontata con il testo originale tedesco e in qualche punto precisata e integrata.
Segnaliamo anche un'altra traduzione, sintetica e scorrevole, delle narrazioni Emmerick-Brentano: La passione del Signore nelle visioni di Anna Katharina Emmerick, edizione italiana a cura di V. Noja, Edizioni San Paolo, 2007.
a. Maria si trasferisce con Giovanni a Efeso
Maria, dopo l'ascensione al cielo di Cristo, visse tre anni a Sion, tre anni a Betania e nove anni a Efeso, dove la portò Giovanni... Maria non abitava propriamente a Efeso, ma nella zona dove si erano già stabilite diverse donne che ella conosceva bene e che le erano legate.
Provenendo da Gerusalemme, l'abitazione di Maria si trovava a circa tre ore e mezzo di cammino da Efeso su un monte a sinistra della città che scende in maniera piuttosto ripida verso Efeso... È una zona solitaria con molte piacevoli colline fertili e grotte nella roccia tra piccole radure sabbiose, selvagge ma non sterili, con molti alberi dal tronco liscio e la chioma ampia a forma di piramide.
Quando Giovanni portò qui la santa Vergine, per la quale in precedenza aveva fatto costruire una casa, già parecchie famiglie cristiane e sante donne vivevano in questa zona... Tutte queste persone si erano rifugiate qui a causa delle frequenti persecuzioni. Poiché utilizzavano le grotte e le varie zone così come la natura le offriva, le loro abitazioni erano solitarie e per lo più distavano circa un quarto d'ora l'una dall'altra e tutto l'insediamento assomigliava a una zona rurale con abitazioni sparse.
La casa di Maria era l'unica di pietra. Subito dietro a questa casa un sentiero conduceva alla vetta rocciosa del monte e di lì, al di sopra delle colline e degli alberi, si aveva una vista completa su Efeso e il mare con le sue tante isole... Nelle vicinanze vi è un castello in cui abita un re detronizzato. Giovanni lo visitava spesso e l'aveva convertito.
b. La casa di Maria presso Efeso
La casa di Maria era di pietra, quadrangolare e nella parte posteriore il muro era arrotondato; le finestre erano alte, il tetto piatto. Era divisa in due parti da un focolare collocato al centro. Il fuoco veniva acceso per terra di fronte alla porta d'ingresso...; dal focolare fino al soffitto era stata creata una via di uscita per il fumo. Sull'apertura praticata nel tetto ho visto un tubo di rame inclinato svettare sulla casa.
La parte anteriore della casa era separata dall' ambiente che si trovava dietro al focolare stesso da leggere pareti di giunco intrecciato, poste a entrambi i lati del focolare. In questo ambiente anteriore, le cui pareti erano abbastanza grezze e anche un po' annerite dal fumo, ho visto su ambedue i lati piccole stanze create da leggere pareti mobili. Se questa parte della casa doveva servire come sala grande, queste pareti, che non arrivavano fino al soffitto, venivano tolte. In questo ambiente ho visto dormire la serva di Maria e altre donne che andavano a farle visita.
A sinistra e a destra del focolare, attraverso porte leggere, si passava nell'ambiente più interno e intimo della casa, che aveva forma semicircolare o ad angolo. Tale ambiente era assai gradevole e ben curato. Tutte le pareti erano rivestite di legno e anche il soffitto era ornato di legno scolpito, così che l'insieme suscitava un'impressione semplice ma molto piacevole.
La parte tondeggiante della casa, chiusa da una tenda, ospitava l'oratorio di Maria. Al centro del muro c'era una nicchia nella quale era collocato un contenitore simile a un tabernacolo, che si poteva aprire e chiudere facilmente. Esso conteneva una croce con le braccia a forma di Y: è sempre così che ho visto la croce di Gesù... Sulla croce stessa era incisa la figura del Signore, molto semplicemente e senza ornamenti, e le incisioni erano evidenziate da un colore scuro affinché la figura fosse ben evidente... Ai lati della croce c'erano due vasi sempre pieni di fiori freschi... A destra di questo oratorio, sistemato in una nicchia del muro, c'era la cella per il giaciglio della santa Vergine, e di fronte a questo, a sinistra dell' oratorio, una piccola stanza per custodire gli abiti e vari oggetti...
La piccola casa di Maria sorgeva tra alberi dal tronco liscio e dalla chioma a forma di piramide nelle vicinanze di un bosco. Era un luogo molto silenzioso e solitario. Le abitazioni delle altre famiglie si trovavano tutte a una certa distanza, anch' esse piuttosto isolate, come un insediamento rurale.
c. Vita di Maria a Efeso
La santa Vergine abitava qui da sola con una persona più giovane, la sua serva, che procurava quel poco che occorreva per il nutrimento di entrambe. Vivevano in silenzio e profonda pace. In casa non c'era nessun uomo, qualche volta veniva a farle visita uno degli apostoli o dei discepoli durante i loro viaggi. Con molta frequenza ho visto entrare e uscire dalla sua casa un uomo che ho sempre ritenuto essere Giovanni, ma che né a Gerusalemme né qui viveva stabilmente accanto alla Vergine. Viaggiava molto...
Una volta ho visto Giovanni entrare in casa, anche lui sembrava molto più vecchio. Era molto magro e indossava un abito bianco lungo e ampio annodato alla vita con una cintura. Entrando sciolse la veste, se la tolse e rimase con un altro abito che portava sotto... La santa Vergine, tutta vestita di bianco, gli andò incontro appoggiata al braccio della sua serva. Il suo viso era bianco come la neve e come trasparente. Sembrava vibrare di nostalgia. Da quando suo Figlio era salito al cielo, tutto il suo essere esprimeva una nostalgia crescente.
Giovanni e lei si recarono nell'oratorio, lei aprì il tabernacolo e apparve la croce che vi era custodita. Dopo che entrambi ebbero pregato in ginocchio, Giovanni si alzò, prese una scatola di metallo che portava in seno, l'aprì da un lato e ne tolse un piccolo involtino di fine stoffa di lana; da questo uscì un piccolo telo di stoffa bianca, che conteneva il santo Sacramento sotto forma di un boccone bianco di forma quadrata; poi con grande solennità pronunciò alcune parole e porse alla santa Vergine il Sacramento. Quindi le offrì un calice.
Dietro alla casa, a qualche distanza in direzione del monte, la santa Vergine aveva predisposto per sé una specie di «Via Crucis». Dopo la morte del Signore, quando ancora viveva a Gerusalemme, non aveva mai mancato di ripercorrere quotidianamente tra le lacrime la sua via dolorosa. Aveva misurato in passi la distanza fra di loro di tutti i punti del cammino dove Gesù aveva sofferto...
Subito dopo il suo arrivo in questa regione l'ho vista percorrere ogni giorno un tratto di strada dietro alla sua casa in direzione del monte. Da principio andava da sola e, in base al numero dei passi che tante volte aveva contato, contrassegnava i punti in cui il Signore aveva tanto sofferto. In ognuno di questi punti aveva posto una pietra oppure, se c'era un albero, aveva tenuto conto di quello. La via conduceva in un bosco dove aveva scelto una collina come monte Calvario; una piccola grotta di un'altra collina era divenuta il sepolcro di Cristo.
Quando ebbe suddiviso questa sua via della croce in dodici stazioni segnalate da pietre, cominciò a percorrerla in silenziosa contemplazione insieme alla sua serva... In seguito la santa Vergine segnalò i punti ancora meglio: l'ho vista infatti corredare ognuno di essi di una scritta che indicava il significato del luogo, il numero dei passi e altre informazioni... La santa Vergine non ornò di immagini o croci questo luogo, ma semplicemente di pietre commemorative con iscrizioni; tuttavia attraverso il continuo percorrere la via e metterla in ordine, ho visto questo luogo diventare sempre più bello e significativo. Anche dopo la morte della santa Vergine ho visto i cristiani percorrere questa via della croce, gettarsi a terra e baciare il suolo.
d. Viaggio di Maria a Gerusalemme e suo ritorno.
Come nacque la credenza della sua morte in questa città.
Dopo il terzo anno trascorso ad Efeso, Maria avvertì una grande nostalgia di Gerusalemme. Giovanni e Pietro ve la accompagnarono. Ho visto lì riuniti parecchi apostoli tra cui Tommaso; credo che ci fosse un concilio e Maria li confortava con il suo consiglio.
Al suo arrivo, verso il tramonto, prima ancora di entrare in città, l'ho vista visitare il monte degli Ulivi, il monte Calvario, il santo sepolcro e tutti i luoghi santi intorno a Gerusalemme. La Madre di Dio era così triste e pervasa di commozione che a stento riusciva a reggersi in piedi e Pietro e Giovanni la sostenevano reggendola sotto le braccia.
Un anno e mezzo prima della sua morte Maria tornò ancora da Efeso a Gerusalemme; l'ho vista, velata, visitare di notte con gli apostoli i luoghi santi. Era indicibilmente triste e mormorava tra i singhiozzi: «Oh, figlio mio, figlio mio!».
Quando giunse alla porta posteriore di quel palazzo dove aveva incontrato Gesù caduto sotto il peso della croce, schiacciata da quei dolorosi ricordi cadde a terra svenuta e i suoi compagni credettero che fosse vicina alla morte.
Fu portata a Sion, al cenacolo, nei cui edifici anteriori abitava. Qui la santa Vergine fu per parecchi giorni così debole e ammalata ed ebbe tanti svenimenti che più volte si temette che morisse; di conseguenza ci si preoccupò di predisporle una tomba. Lei stessa scelse una grotta sul monte degli Ulivi e gli apostoli diedero incarico a uno scalpellino cristiano di predisporre per lei una bella tomba.
Nel frattempo fu più volte ancora così vicina alla morte che la voce della sua dipartita e della preparazione della sua tomba si diffuse per Gerusalemme e in altre località. Quando però la tomba fu pronta, lei si sentì meglio e recuperò le forze abbastanza da poter raggiungere di nuovo la sua casa a Efeso, dove dopo un anno e mezzo effettivamente morì.
La tomba preparata per lei sul monte degli Ulivi fu sempre tenuta in grande onore e in seguito vi fu anche costruita sopra una chiesa, e Giovanni Damasceno (ho sentito questo nome in spirito... chi era mai costui?) scrisse per sentito dire che la santa Vergine era morta a Gerusalemme e qui era stata sepolta.
I particolari sulla sua morte, sul suo sepolcro, sulla sua assunzione al cielo, Dio ha lasciato che divenissero oggetto di una tradizione vaga e indeterminata, per non offrire appigli alla sensibilità ancora un po' pagana, nel cristianesimo di allora, che avrebbe facilmente indotto ad adorarla come una dea.
e. Morte e sepoltura di Maria
La santa Vergine riposava in silenzio nella sua cella. Era tutta avvolta in una lunga camicia da notte, soltanto le mani erano nude. Negli ultimi tempi non l'ho mai vista prendere nulla se non di quando in quando un cucchiaino di un succo che la serva spremeva da un frutto dai chicchi gialli simile all'uva nella coppa posta accanto al suo letto... Verso sera, quando si rese conto che la sua ora si avvicinava, la santa Vergine, secondo la volontà di Gesù, volle prendere congedo dagli apostoli, dai discepoli e dalle donne presenti...
Gli uomini ritornarono poi nella parte anteriore della casa e si prepararono per il servizio divino... Dopo aver comunicato tutti i presenti, Pietro portò alla santa Vergine la santa particola e l'estrema unzione... Pietro le si avvicinò e le diede l'estrema unzione circa allo stesso modo in cui viene data oggi: con il santo olio che Giovanni aveva portato nei vasi le unse il volto, le mani, i piedi e il fianco, dove la veste aveva un' apertura. Intanto gli apostoli pregavano in coro...
Il volto di Maria era in fiore e sorridente come quando era giovane. Aveva gli occhi rivolti al cielo e risplendenti di santa gioia... Ed ecco che la sua anima uscì dal corpo come una piccola purissima figura di luce con le braccia tese verso l'alto e salì verso il cielo condotta dal raggio di luce. Credo che la morte della santa Vergine sia avvenuta poco dopo l'ora nona, l'ora stessa della morte di Gesù.
Matteo e Andrea percorsero la «Via Crucis» della santa Vergine fino all'ultima stazione, fino a quella grotta che rappresentava il sepolcro di Cristo. Avevano con sé attrezzi per adattare la tomba, perché qui doveva riposare il corpo della santa Vergine. La grotta non era spaziosa come la tomba del Signore ed era alta appena come un uomo. I due apostoli lavorarono per ampliarla e prepararono anche una porta con la quale chiudere il sepolcro. Davanti alla grotta c'era un piccolo giardino recintato. Non lontano di qui, su una collinetta, c'era la stazione del monte Calvario; sopra non era stata eretta alcuna croce, ma soltanto una pietra; distava circa mezz' ora di cammino dalla casa di Maria.
Oggi ho visto alcune donne... venire per preparare il corpo per la sepoltura. Portavano teli e aromi per imbalsamarlo secondo l'uso ebraico... Dopo che ebbero finito di lavarlo, il corpo fu fasciato dalle caviglie fino al petto con bende e teli; testa, petto, mani e piedi rimasero liberi... Posero ramoscelli di mirra sotto le ascelle e nella zona del cuore del santo corpo e lo circondarono tutto intorno e sotto i piedi del medesimo aroma. Poi incrociarono le braccia sul petto e chiusero il santo corpo nel grande lenzuolo funebre...
Adesso gli apostoli, i discepoli e tutti i presenti entrarono per guardare ancora una volta il caro volto prima che venisse coperto...
Giovanni e Pietro la portarono sulle spalle fuori dalla casa. In seguito si scambiarono, infatti ho visto sei apostoli portare la bara, davanti Giacomo maggiore e Giacomo minore, al centro Bartolomeo e Andrea e dietro Taddeo e Matteo. Una parte degli apostoli e dei discepoli presenti precedeva la bara, gli altri e le donne la seguivano. Era già il tramonto e furono accese quattro lampade ai lati della bara.
Così il corteo percorse la «Via Crucis» della santa Vergine fino all'ultima stazione e giunse alla grotta del sepolcro. Qui la bara fu posta a terra e il sacro corpo fu portato all'interno della grotta, nel punto predisposto. Tutti i presenti entrarono singolarmente, deposero intorno al santo corpo aromi e fiori, si inginocchiarono e offrirono lacrime e preghiere... Scavarono poi una fossa davanti all'ingresso della grotta e vi piantarono diversi cespugli che recavano fiori o bacche; in questo modo l'ingresso della grotta fu reso invisibile. Convogliarono inoltre davanti ai cespugli anche una fonte che scorreva lì vicino...
Sulla questione della data effettiva della morte di Maria, Anna Katharina Emmerick non è di molto aiuto. O meglio, è anche di troppo aiuto, visto che propone ogni sorta di numeri: anni trascorsi ad Efeso, età della morte, anni di sopravvivenza di Maria rispetto a Gesù... Ma nessuno ha senso se paragonato con quello che noi sappiamo o possiamo dedurre ragionevolmente. Onestamente, neanche suor Emmerick sembra avere sempre fiducia nei suoi numeri astratti, sottolineando che nelle sue visioni essi erano comparsi in lettere romane senza alcuna indicazione chiara del loro significato.
In ogni caso, forse la data della morte di Maria perde di importanza quando la Emmerick ci dice che, dopo la deposizione di Maria nella tomba, san Giovanni condusse san Tommaso, che era arrivato tardi, a vedere la Vergine per l'ultima volta. Entrati dentro la grotta, essi si inginocchiarono e san Giovanni tolse il coperchio della bara. Il corpo di Maria non era più nel lenzuolo funebre, ma il lenzuolo era lì intatto. Essi coprirono con cura l'entrata della grotta e se ne andarono.