DINAMICA DEL PROVVISORIO
MORCELLIANA 1965
Titolo originale dell'opera: Dynamique du provisoire Les Presses de Taizé - France 1965
Traduzione delle BENEDETTINE DI SAN MAGNO
Ai Padri dell'Oratorio di Brescia
ANDARE INCONTRO A COLORO CHE NON POSSONO CREDERE |
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L'ecumenismo è rimasto angusto Atti per uscire da noi stessi. Alle sorgenti della vita contemplativa |
Dire di sì all' oggi Sete di realizzare Ritrovare il Vangelo nella freschezza primitiva Creazione comune |
L'ecumenismo, un preliminare Dialogare con ogni uomo |
Povertà senza carità; ombra senza chiarezza Attuare la prima Beatitudine Vivere lo spirito di povertà Per una dottrina sociale dell'ecumenismo |
Accettare le istituzioni ecclesiali L'autorità, fattore di unità Solidarietà con tutti i battezzati Accorrere, non fuggire Cancellare la rottura Inseriti nella storia |
Attesa e provvisorietà Conservare la serenità Apportatori di ecumenicità Intimità e solitudine Attesa contemplativa |
ANDARE INCONTRO A COLORO CHE NON POSSONO CREDERE
L'ecumenismo, un preliminare
In questa metà del secolo XX, noi altri cristiani ci siamo posti di fronte alle conseguenze delle nostre divisioni: un impoverimento reciproco.
Intorno a noi vivono masse indifferenti di battezzati o di non battezzati. Siccome non condividono la nostra fede, non possono credere se non ciò che vedono. Come potrebbero prenderci sul serio finché il nostro amore fraterno non sbocci nella sua manifestazione visibile?
Viene il tempo dei confronti; ci riguarda tutti perché tutti siamo interpellati. Dopo venti secoli di cristianesimo, dei battezzati in numero sempre crescente si disinteressano della fede. Inoltre, nonostante la nostra presenza cristiana attraverso il mondo, la condizione umana va peggiorando di anno in anno in certe regioni della terra.
La nostra unità è in funzione di tutti gli uomini, è tutta per loro. Non la vogliamo per stare meglio insieme, né per essere più forti contro altri uomini; la vogliamo unicamente per assumere la nostra vocazione missionaria. Questo è lo scopo dell'ecumenismo: è un preludio alla pastorale delle masse.
Non incontreremo mai coloro che non credono se non saremo insieme. Non che bisogni disprezzare la verità! Ma il mettersi d'accordo su di una prima verità, la necessità dell'unità visibile, significa trovare la possibilità esistenziale di mettersi d'accordo un giorno su altre verità della fede.
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Un dinamismo nuovo è promesso a coloro, che si ritrovano dopo essere stati separati. Ogni uomo, che opera una riconciliazione vi .guadagna un'apertura di spirito e di cuore ed anche se è vecchio ritorna giovane. Riconciliato con se stesso e con il prossimo, riprende una forza viva. Ugualmente le vecchie cristianità sparse nel mondo conosceranno nell'unione visibile ritrovata una giovinezza, una vitalità, una primavera nuove.
Vi è una dinamica della riconciliazione, che ci condurrà fuori dallo stato di impoverimento, costituito dalle nostre divisioni. Questo slancio ci permetterà di superare l'incapacità di raggiungere un mondo che, se non aspetta gran che da noi, sarebbe in diritto di aspettare tutto da uomini e da donne che portano il nome di cristiani.
Ma il confronto che si prepara significherà, nel senso pieno del termine, un risveglio di tutti. Perché possiamo raggiungere insieme coloro che non possono credere, ci viene domandata quotidianamente l'offerta nascosta delle nostre vite.
La vera storia del movimento ecumenico non verrà mai scritta. Si trova nelle piccole e nelle grandi fedeltà di coloro che intraprendono il combattimento fin nel più profondo dell'uomo interiore. Per molto tempo ancora l'ecumenismo significherà una marcia contro la corrente del conformismo: il dialogo con coloro che sono più lontani non andrà mai avanti da solo. Chi non vivesse questo combattimento può domandarsi se il suo ecumenismo non sia una pianta senza radici.
Dialogare con ogni uomo
A Taizé la vocazione ecumenica ci ha aperto, di anno in anno, a tutto ciò che è umano. Ha suscitato in noi un interesse per coloro, che erano i più lontani. Senza la passione dell'unità del Corpo del Cristo non avremmo scoperto mai questa dimensione di amicizia per tanti uomini attraverso il mondo.
La preoccupazione del dialogo ha risvegliato la nostra attenzione per tutto ciò che è umano. Chi non brucerebbe di desiderio di comprendere colui che gli sta di fronte nel conflitto della sua esistenza: vedere nel suo sguardo una fiamma spenta o al contrario una serenità conquistata contro se stesso; vedere in lui il comportamento controllato di tutto l'essere o le stigmate di impulsi contraddittori, il dono generoso della persona o l'ardente volontà di tenersi in riserbo.
Lo spirito di misericordia dispone il cuore di pietra ad essere cambiato in cuore di carne, introduce in una carità forte che esclude ogni sentimentalismo, caricatura della sensibilità, si rifiuta di drammatizzare la soggettività delle situazioni, invita ad accogliere con una confidenza pacifica gli avvenimenti e il prossimo, quali che essi siano.
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Di dove viene che, pur affermando di conoscere Dio, tanti cristiani vivono come se non l'avessero mai scoperto e restano senza misericordia? Si appellano al Dio di Gesù Cristo e conservano tuttavia un cuore indurito.
Di dove nasce invece il fatto che tanti agnostici, seguendo i pubblicani e i gabellieri, «ci vanno avanti nel Regno», ci aprono un cammino di pace, sono uomini di riconciliazione, testimoniano un'attenzione maggiore di molti cristiani per una pacificazione delle relazioni tra tutti?
È possibile credere che tali uomini, senza professare una fede esplicita, siano tuttavia portatori di Cristo a loro insaputa. La preghiera di tanti cristiani attraverso i secoli, non troverebbe forse questo sbocco? Degli uomini capiscono Dio, gli obbediscono, vivono in una carità viva. Come non applicar loro la parola del Cristo: «ci vanno avanti nel Regno»? (3) Ci aprono delle porte e dei sentieri.
Numerosi sono quelli che professano di amar Cristo, ma non lo conoscono affatto. E numerosi quelli che l'amano, affermando di non conoscerlo.
Numerosi quelli che sono figli della luce senza saperlo: tuttavia si riconoscono facilmente: pieni di attenzioni per il prossimo, fuggono ciò che è opera della notte, ciò che è torbido e senza limpidezza.
Sta a noi comprenderli, a noi anche aiutarli .a far sbocciare ciò che Dio ha messo in loro. Superamento di se stessi, gesti manifesti di carità, sono già segni del Cristo, segni di una fede implicita.
Il dialogo con colui che non crede permette <li scoprire in lui quello che neppure egli stesso .conosce, il mistero di una presenza nascosta. Essere capace di scoprire !'immagine di Dio in ogni uomo resta il segno di un vero dialogo.
Un cristiano che sa cogliere nel prossimo i valori più ecumenici, che ricerca in lui l'uomo creato da Dio, favorisce una restaurazione reciproca legata ad ogni dialogo.
Non può parlar così, è sottinteso, se non colui che in ogni istante si ristora con la Parola di Dio, con l'Eucaristia, con una pietà profonda. Altrimenti sarebbe condotto ad un relativismo senza beneficio per nessuno. Dire che alcuni senza conoscere Dio lo seguano a loro insaputa potrebbe costituire un invito a non combattere più per il Cristo: a che scopo pregare ancora, stare alla presenza di Dio, meditare?
Se la generosità non poggia su di un fondamento solido si espone al marasma o all'atonia spirituale. Solo colui che vive della pace del Cristo, radicato e fondato nella Parola viva, può riconoscere !'immagine di Cristo in coloro che non professano alcuna fede.