Carlo Maria Martini
Non sprecate parole
Esercizi spirituali con il Padre Nostro
Portalupi Editore
I contesti evangelici del Padre Nostro |
«Padre Nostro che sei nei cieli» |
Spirito e Parola |
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Il Padre Nostro nel vangelo di Luca |
Padre Nostro e «Esercizi» ignaziani |
La dolcezza nel credere |
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«Sia santificato il tuo nome» |
«Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori» |
«Per questo sono stato mandato» |
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«"Santo" è il tuo nome» |
Il contesto degli esercizi |
È Dio che irriga e fa crescere |
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(omelia) |
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«Non ci indurre in tentazione» |
«Ma liberaci dal male» |
Fiducia illimitata nella Parola |
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Peccato, disordine, mondanità |
«Strappaci» dalla peccaminosità |
Una testimonianza personale |
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«Venga il tuo Regno» |
«Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra» |
Nella libertà dello Spirito |
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Che cos'è il Regno? |
Premessa |
Un modello di pastore |
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«Dacci oggi il nostro pane quotidiano» |
Quale pane? |
Conclusione |
Fiducia illimitata nella Parola
(omelia)
Una testimonianza personale
«In quel tempo, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genesaret e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Seduto si, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: "Prendi il largo e calate le reti per la pesca". Simone rispose: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non
abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti". E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell' altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano.
Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: "Signore, allontanati da me che sono un peccatore". Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini". Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono» (Le 5, 1-11).
Mi permetto in questa omelia di essere un po' autobiografico, perché ho un rapporto molto speciale con il brano evangelico di oggi. È il brano che si proclamava nella liturgia domenicale della V domenica per annum del 1980, la domenica in cui celebravo, per la prima volta nella mia vita, nel Duomo di Milano, facendo l'ingresso in diocesi come arcivescovo.
Mi leggevo allora in questo brano, vedevo nella folla che «faceva ressa» intorno a Gesù le tantissime persone che riempivano la Cattedrale - erano circa 10.000 - e all'esterno gremivano la piazza.
Soprattutto sentivo, come Simone, la mia inadeguatezza: «Signore, non sono capace. Per tutta la notte ho faticato e ho preso ben poco». Sperimentavo la condizione di Pietro, umiliata e inadeguata, come la mia. E percepivo insieme che dovevo dar fiducia alla parola di Gesù, facendone programma.
«Sulla tua parola», dunque fidandomi di questa Parola, proclamandola, spiegandola. Del resto il brano comincia proprio sottolineando che Gesù predicava la parola di Dio; e tutto il testo nel suo insieme esalta la Parola, la parola di Dio predicata da Gesù e la parola di Gesù lanciata a Pietro: «Prendi il largo e calate le reti».
Per me prendere il largo voleva dire entrare in una funzione della quale non avevo nessuna esperienza, entrare in contatto con un mondo totalmente nuovo; significava un po' passare dalla terra alla luna, cioè da un servizio di tipo scientifico, istituzionale, accademico, al servizio pastorale, ricominciando da zero, non conoscendo nessuno e nulla. Era veramente un fidarsi soltanto della parola di Gesù.
Avvertivo che mi veniva data questa fiducia dalla grazia Dio.
Non l'avevo in me, non la traevo da un'esperienza di ministero che mi mancava. Non avevo la minima idea di che cosa fosse una diocesi, avevo studiato poco il Diritto canonico perché mi ero dedicato soprattutto agli studi di sacra Scrittura. Non sapevo, per esempio, che cosa fosse una Curia o quale fosse la funzione di un Vicario generale! E tutto mi veniva offerto, messo tra le mani, con una sola assicurazione: prendi il largo, butta le reti per la pesca.
La verità della parola di Gesù l'ho sperimentata anno dopo anno, e sempre più ho visto la bellezza dell' avventura che vivevo e dell' essermi fidato di lui. Benché tante siano state le mie negligenze e inadempienze, tuttavia mi sembrava che le reti si riempissero di pesci, una quantità enorme, inattesa, e le reti quasi si rompevano.
A poco a poco cresceva in me il timore di essere inadeguato e dicevo: «Signore, perché questo a me? Allontanati da me che sono peccatore!».
Stupore, timore, senso di indegnità, e sempre il Signore mi diceva: «Non temere, d'ora innanzi sarai pescatore di uomini».
Questo testo ricorre una volta all' anno nella liturgia feriale e due volte quando nella liturgia domenicale si legge il vangelo di Luca. E per tutti i 22 anni e 5 mesi in cui ho servito la Chiesa di Milano, ho rivissuto gli stessi sentimenti.
«Tutto è vostro»
«Fratelli, nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente; perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio.
Sta scritto infatti: "Egli prende i sapienti per mezzo della loro astuzia". E ancora: "Il Signore sa che i disegni dei sapienti sono vani". Quindi nessuno ponga la sua gloria negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la! vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1 Cor 3, 18-23).
Vorrei dire pure qualcosa sulla prima lettura, dove san Paolo ci toglie l'illusione che esista un linguaggio che finalmente può essere capito dalla sapienza di questo mondo.
Noi spesso ci autoaccusiamo lamentandoci: non abbiamo il linguaggio adatto; se avessimo il linguaggio, la gente ci capirebbe, ci seguirebbe.
Io non ho mai creduto molto alla gherminella del linguaggio.
È chiaro che dobbiamo evitare nel nostro parlare tutto ciò che è arcaico, artificioso, burocratico, teoretico. Tuttavia, quando diciamo le cose come le viviamo, non possiamo fare di più.
Non c'è niente che possa costruire ponti di comunicazione, se non avviene la rinuncia a una certa autosufficienza umana, a una certa sapienza umana. Accettare l'umiltà di Gesù richiederà sempre un salto di qualità, mai potremo fare in modo che l'umiltà di Gesù piaccia e sia oggetto di desiderio mondano.
Ed è giusto che sia così. Dio «prende i sapienti per mezzo della loro astuzia», li gioca.
Ma quando abbiamo compreso che i disegni dei sapienti sono vani, allora mettiamo tutta la nostra fiducia nella Parola, ed è la Parola che salva noi e gli altri.
Il testo di Paolo si conclude con una frase bellissima: «Tutto è vostro» - siete ricchi e liberi - «Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro» - niente ci è sottratto quando, siamo di Cristo. «Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio».
Anche tanti problemi riguardanti la Chiesa, la sua struttura, il suo rinnovamento, impallidiscono. di fronte a tale verità: che tutto è di Cristo e che Cristo è di Dio, e che Dio riporta a casa tutti e tutte le cose. Come, lo sa solo Lui; però lo sta facendo e noi siamo semplici collaboratori abbandonati alla sua azione, alla sua potenza, alla grazia del suo Spirito.
Chiediamo, per intercessione di Maria, di poter vivere nella fiducia e nell'abbandono.