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«Osiamo dire: Padre nostro» |
Il Regno |
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5. Il Regno
Dal Vangelo secondo Marco:
«Diceva: A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? Esso è come un granellino di senapa che quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra» (4,30-32).
Nella lettera apostolica All’inizio del nuovo millennio, Giovanni Paolo II scrive: «Sì, carissimi fratelli e sorelle, le nostre comunità cristiane devono diventare autentiche scuole di preghiera, dove l’incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazione di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino a un vero invaghimento del cuore. Una preghiera intensa, dunque, che tuttavia non distoglie dall’impegno nella storia: aprendo il cuore all’amore di Dio, lo apre anche all’amore dei fratelli, e rende capaci di costruire la storia secondo il disegno di Dio».
Tutte le volte che parlo della preghiera mi viene spontaneo un grazie forte e commosso al Signore per tante, tante persone, esempi splendidi e umili di preghiera, incontrate nella vita.
Penso ai miei genitori. Ai sacerdoti dalla mia parrocchia.
Alla fortuna di aver incontrato più volte Madre Teresa di Calcutta, sempre con la corona del rosario in mano. A quella messa celebrata per lei e con lei nel giorno del suo ottantesimo compleanno.
A quanto il primo biografo, Tommaso da Celano, scrive di san Francesco d’Assisi, fotografa anche la vita di Madre Teresa: «Non era tanto una donna che prega, quanto piuttosto, lei stessa, tutta, trasformata in preghiera».
Conosciamo il volume, lo spessore del suo lavoro.
«Maestro, insegnaci a pregare».
«Quando pregate, dite: Padre nostro… venga il Tuo regno».
L’invocazione Venga il tuo Regno mette in evidenza anzitutto il fatto che il Regno non diviene in noi, ma viene a noi. Non è frutto di carne e sangue, è dono gratuito dall’alto.
Di fronte ad esso però non siamo passivi.
Lo invochiamo, infatti, consapevoli delle nostre responsabilità: delle resistenze possibili e dell’accoglienza richiesta. Per questo subito dopo preghiamo: sia fatta la tua volontà, dacci il pane quotidiano, il perdono dei nostri debiti, la vittoria sulle tentazioni, la liberazione dal male. Praticamente: mettici, Signore, nelle condizioni di accogliere, di essere il tuo Regno.
«E’ la preghiera che ci tira fuori da una pretesa, silenziosa neutralità nei confronti delle ingiustizie e ci impegna a operare… contro ciò che impedisce che la storia sia veramente uno spazio in cui sia possibile essere uomini e che il mondo sia veramente un luogo per vivere e non per morire… Una società in cui prevalgano la pace, la giustizia, la serenità è in fondo l’aspirazione della gente di ogni paese, di ogni popolo… di noi tutti, ma non sappiamo più bene su chi fare affidamento per riuscire a soddisfarla. Ci sembra anzi un’utopia che si allontana sempre di più».
Spesso, infatti, vediamo tutto il contrario: desideriamo la pace e conosciamo un susseguirsi di guerre; cerchiamo la verità e sentiamo la menzogna; abbiamo la nostalgia della misura alta della vita cristiana, la santità ed esperimentiamo il peccato, l’umiliazione.
Utopia, dunque, il Regno, luogo che non esiste, un non luogo, un qualcosa che può essere solo immaginato?
Per il credente, per il cristiano utopia non è.
Il luogo della nostra speranza lo abbiamo è Gesù Cristo.
«Dopo che Giovanni fu arrestato, leggiamo in Marco, Gesù andò nella Galilea, predicando il vangelo di Dio, e diceva: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (1,14-15).
Questo tempo è vicino «nel senso che è a portata di mano, disponibile, e quindi afferrabile, raggiungibile…Nella storia contorta e ambigua dell’umanità, l’uomo Gesù, che porta sul suo volto e dunque nella sua vita, i tratti incorrotti e splendenti dell’uomo fatto a immagine di Dio, appare come il capostipite di una umanità diversa, fedele al progetto di Dio, e inserisce in questa storia il germe di un mondo nuovo. La civiltà dell’amore. Appunto del Regno.
Matteo al capitolo 13 e poi 25 del suo racconto raccoglie una serie di parabole di Gesù, che ci aiutano a capire che cosa chiediamo, quando diciamo Venga il tuo Regno.
Ci dicono il suo contento, la sua dinamica.
Ci suggeriscono la nostra risposta.
Il Regno di Dio, insegna la parabola del seminatore, può incontrare indifferenza, resistenza, persecuzione, chiede pazienza, ma la vitalità del seme resiste.
Raccontava il card. cinese Gong, vescovo di Shangai, morto quasi centenario, dopo averne passato più di trenta in carcere ed esiliato nel 1985: «Ho visto la rivoluzione culturale di Mao. Ho visto l’espulsione di tutti i missionari/e dalla Cina. L’imprigionamento e il martirio dei cristiani cinesi, eppure in oltre mezzo secolo di persecuzione, la Chiesa costretta a vivere nelle catacombe, è diventata più forte; il numero è passato da tre a otto milioni».
Il tesoro che fiorisce. Storie di cristiani in Cina, è il titolo di un libro pubblicato in questi giorni. Racconta la vita, con documentazione fotografica, di tanti cattolici cinesi. Oggi oltre 10 milioni. Malgrado tutto, malgrado la piccolezza del seme, la stessa sonnolenza del contadino, il Regno viene in modi che solo la potenza di Dio conosce.
Viene, solleva, trasforma l’umanità. E’ lievito.
Con le parabole della zizzania, della rete, Gesù ci vuole poi liberare da ogni forma di rigidità, di scandalismo, di giudizio ipercritico, dicendoci che qui, nel tempo e nello spazio, non esiste una comunità perfetta. Nel campo, anche nel campo della Chiesa purtroppo, c’è il bene e il male. Il giudizio è di Dio.
«Certo la giustizia e il peccato, la verità e la menzogna non sono la stessa cosa. Se un uomo è nel peccato bisogna dirgli che è peccatore, se è nell’errore bisogna dirgli che sbaglia. Ma tutto questo non deve minimamente intaccare la solidarietà nei suoi confronti, l’accoglienza, il perdono, il coraggio di annunciargli il Regno.
Aiutare l’uomo a sentirsi accolto da Dio, a scoprire il volto sorprendente del Dio di Gesù Cristo, è pregare Venga il tuo Regno.
A questo punto si comprende perché Gesù – volendo elencare i segni dell’appartenenza al Regno – vi abbia incluso anche questo: Ero straniero e mi avete ospitato.
Straniero significa l’uomo diverso e distante per razza, cultura, costumi e religione. In quest’uomo il Signore Gesù si identifica».
Tempo di incompiutezza il nostro.
Ma c’è un già. Una concretezza. Una storia. Una persona alimenta e sostiene la nostra speranza: Gesù Cristo.
Gesù non solo annuncia il Regno, lo rende presente.
In lui risplende il progetto divino della creazione: il compiacimento di Dio.
Una grande mistica del Medio Evo, Giuliana di Norwich, nel libro delle sue rivelazioni scrive: «E’ importante sapere che la vittoria è già stata raggiunta da colui che è nostro amico non solo perché ha sofferto per noi, ma anche perché ci aiuta e sostiene nella nostra attuale sofferenza…
Egli non disse: Tu non sarai turbata, tu non sarai travagliata, tu non sarai inquietata, ma mi disse: Tu non sarai sconfitta.
Dio vuole che prestiamo attenzione a questa parola e che ne ricaviamo una costante, grandissima fiducia, sia nel benessere sia nella desolazione, perché egli ci ama e ci vuole bene, e così vuole che lo amiamo e gli vogliamo bene e abbiamo una indomabile fiducia in lui, e tutto sarà bene».
Nell’udienza generale di mercoledì 2 aprile 2003, Giovanni Paolo II diceva: «Ogni giorno il credente deve sapere scorgere i segni dell’azione divina, anche quando essa è nascosta dal fluire apparentemente monotono e senza meta del tempo… Scoprire, con gli occhi della fede, questa presenza divina nello spazio e nel tempo, ma anche in noi stessi, è sorgente di speranza e di fiducia, anche quando il nostro cuore è turbato e scosso "come si agitano i rami del bosco per il vento" (Is 7,2)».
Fiducia: in questo nostro tempo di uscita dalla cristianità, in cui ci sentiamo piccolo gregge, tutti ne abbiamo bisogno.
E nell’enciclica Sulla permanente validità dell’attività missionaria scrive: «Due gesti caratterizzano la missione di Gesù: il guarire e il perdonare - gesti che – raggiungono la persona umana nelle sue dimensioni fisiche e spirituali» (n. 14).
Gesti umanissimi.
Gesti di vita quotidiana.
Porre opere di carità spirituale e materiale. Portare quindi gli uni i pesi degli altri. Non vergognarci del Vangelo. Ogni uomo che cerca una pienezza che non trova e che tuttavia continua a cercarla, a desiderarla, che non si scoraggia, non si rassegna , quest’uomo, senza accorgersi, senza parole, non solo esprime il grande il grande desiderio Venga il Tuo Regno, ma lo rende presente, lo rende visibile. «E la stella disse: continuerò a fare luce, anche se le tenebre - ora - non scompariranno» (Tagore).
Cammina verso la sua pienezza, quando saremo "in compagnia con la beata Vergine Maria, Madre di Dio, con tutti i Santi". Allora «asciugata ogni lacrima, i nostri occhi vedranno Dio e noi saremo simili a lui e canteremo per sempre la sua gloria in Cristo, nostro Signore» (terza Preghiera Eucaristica).
Risonanze
Salmo 150
«Alleluia!
Lodate il Signore nel suo santuario,
lodatelo nel firmamento della sua potenza.
Lodatelo per i suoi prodigi.
Lodatelo per la sua immensa grandezza.
Lodatelo con squilli di tromba,
lodatelo con arpa e cetra;
lodatelo con timpani e danze,
lodatelo sulle corde e sui flauti.
Lodatelo con cembali sonori,
lodatelo con cembali squillanti;
ogni vivente dia lode al Signore.
Alleluia!».
Tagore
«Dove l’animo è senza paura,
dove alto è il capo,
dove l’intelletto è libero,
dove i muri della casa
la lasciano spaziosa e accogliente,
dove la parola zampilla dal cuore
e il ritmo del lavoro
fluisce irrefrenabile
da un paese all’altro,
verso innumerevoli realizzazioni,
dove le sabbie del deserto
non hanno inghiottito
i rivi della giustizia,
non hanno diviso
in mille parti l’umanità…
In questo regno
Sveglia, o Padre, il mio paese».
(Riduzione)
Padre Cesare Pesce, missionario in Bangladesh dal 1948 al 2002
«Gli uomini di Mosè si sono messi in cammino tremila anni fa. Duemila anni fa ha preso il comando un nuovo leader. Quel gruppetto di rivoluzionari è diventato una folla. A quella folla continuano a unirsi milioni, miliardi di altri uomini che, pellegrini in cerca di libertà, battono le strade del mondo. Arriveranno. Certamente. Guidati da quel leader infallibile.
E su una di quelle strade, una strada fangosa del Bengala, io ho incontrato un uomo. Era solo. Mi sono fatto suo compagno di viaggio e l'ho condotto tra quella folla immensa.
Era pellegrino, sfinito dalla fame. Gli ho insegnato a liberarsi da quello spettro, col lavoro onesto, umano, non massacrante.
Era angariato dai potenti, dai ricchi. L'ho aiutato a liberarsi. Era in preda all'odio. Gli ho dato amore.
Era disperato. Io, messaggero di gioia, gli ho donato la gioia di vivere.
Davvero ho fatto così? Almeno ho tentato? Se sì, sono anch'io nel numero dei facitori dei regno dei giusti. Se no, ahimé, ho sbagliato tutto».
Card. Carlo Maria Martini
«Dalla mia finestra di Gerusalemme io vedo il Monte degli Ulivi e intravedo il luogo tradizionale dell’Ascensione, segnato da un piccolo minareto. E sento come di là mi risuonino dentro queste parole: "Gesù tornerà, tornerà a quel modo in cui l'avete visto andare in cielo". Allora mi sorge nel cuore la preghiera: vieni, Signore Gesù, ritorna a visitarci. Signore Gesù, noi amiamo, attendiamo la tua manifestazione, desideriamo che venga il tuo regno, che siano saziate la nostra fame e sete di giustizia, che si compia la tua volontà in pienezza. Fa’ che cerchiamo anzitutto, come ci hai insegnato nel Discorso della montagna, il regno di Dio e la sua giustizia. Chiedo la grazia che questo regno venga, e non semplicemente che venga quasi impercettibilmente nella storia, ma che venga nella sua manifestazione totale e definitiva, là dove tutto sarà chiaro, tutto apparirà trasparente. E’ a partire da quel momento culminante in cui la storia sarà giudicata.da Dio, che noi siamo invitati a leggere la nostra piccola storia di ogni giorno. Il Signore viene, il Signore verrà, per rendere a ciascuno secondo le sue opere.
Si dice giustamente che nel mondo c’è molto relativismo, che tutte le cose sono prese quasi valessero come tutte le altre, ma c'è pure un "relativismo cristiano", che è il leggere tutte le cose in relazione al momento nel quale la storia sarà palesemente giudicata. E allora appariranno le opere degli uomini nel loro vero valore, il Signore sarà giudice dei cuori, ciascuno avrà la sua lode da Dio, non saremo più soltanto in ascolto degli applausi e dei fischi, delle approvazioni o delle disapprovazioni, sarà il Signore a darci il criterio ultimo, definitivo delle realtà di questo mondo. Si compirà il giudizio sulla storia, si vedrà chi aveva ragione, tante cose si chiariranno, si illumineranno, si pacificheranno anche per coloro che in questa storia ancora soffrirono, ancora sono avvolti nell’oscurità, ancora non capiscono il senso di ciò che sta loro accadendo.
Il Signore verrà e io lo vedo ogni mattina, perché il sole sorge proprio dal Monte degli Ulivi e col sorgere del sole sento la certezza del venire del Signore per giudicare fino in fondo la nostra vita e renderla trasparente, luminosa, oppure per purificarla là dove essa necessita di purificazione».