PICCOLI GRANDI LIBRI    Andrewes - Newman    PREGHIERE
HO PENSATO A TE, SIGNORE
Preghiamo
con John Henry Newman
Traduzione di Clarissa Demarcus e Angelo Colacrai

      Presentazione      
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Creatore della luce
Risuscitaci a novità di vita
Signore misericordioso e gentile
Ricorda di che sono fatto
Per amore del tuo nome
Non dimentico i miei peccati
Signore, non mi sgridare
Abbi misericordia di me, o Dio
Alzerò le mie mani
Credo, Signore, in te
Aiuta la mia incredulità
Speranza di tutta la terra
Signore dei morti e dei vivi
Signore della messe
Signore dei signori
Tu che stabilisci ogni autorità
Dio nostro e dei nostri figli
Unica è la tua compassione
Mi affido a te
In alto i cuori
Te che le stelle inneggiano

Benedetto sii tu, Signore
Confesserò i miei peccati
Pietà di me, figlio di Davide
Allontana da me il male
Concedimi, o Dio
Credo in Dio
Dio creatore, ascoltaci
Dio salvatore, ascoltaci
Dio amore, ascoltaci
Dio di misericordia, ascoltaci
Benedirò il Signore

 

 

 

 

All'aurora ti cerco
Sii misericordioso verso di me
Cerco il tuo volto
Ascolta, Signore, e abbi pietà
Ricordati, Signore
Perfeziona in me i tuoi doni
Guida i nostri passi
Credo
Signore, concedi benedizioni
Tu, Signore, sii lodato in Sion
L'anima mia loda te, Signore
Gloria a te, Signore

 

 

 

 

Ho pensato a te, Signore
Signore, sei tu nostro padre
Per amore del tuo nome
Concedimi il pentimento
Signore salvami
Difendimi, o Dio
Concedimi, o Dio
Credo la santa Trinità
Eccellente è la tua bontà
Apri la tua mano
Ricordati d'ogni cristiano
Concedi a tutti pace profonda
Nell'immensa tua compassione
Di tutto il tuo popolo ricordati
Concedi pace e amore
Il tuo splendore brilli su noi
Lode a te di eternità in eternità


 

Benedetto sii tu, Signore
Convertici, Signore, a te
Porgimi l'orecchio e ascolta Fammi grazia, Signore
Credo che egli c'è
Signore della pace
Con Maria tua madre
Per la grazia del Signore Gesù
Cristo
Signore, mio Signore
Cosa renderò al Signore?

 

 

 

 

Fin dal mattino a te la mia preghiera
Sii benedetto per il seme che dà vita
T'ho resistito, Signore
Hai risollevato la mia vita Guardami, Signore
Volgiti a me, Dio
Per la tua grazia, o Dio
O Cristo, santificami
Credo che tu m'hai creato
Prego per tutti i fratelli in Cristo
Sia benedetto il tuo nome
Tu sei degno, o Signore

 

 

 

 

Signore, sii benigno con noi
Elevo a te il mio volto
Sei il Dio dei penitenti
Gesù maestro, abbi misericordia
Signore, perdono
Signore, facci dono
Credo in te, Padre Figlio Spirito
Santo
Re del cielo
A Dio sia gloria
Benedetto, lodato, celebrato Tu solo sei il Santo
Dio sarà il nostro Dio, alleluia

 

 

 

 

Presentazione

John Henry Newman non è uno «scrittore spirituale» moderno. Egli non cerca di muovere i lettori delle preghiere che riportiamo a una devotio moderna sollecitando, emozionalmente, un ricorso a Dio, in base a previe analisi e suggerimenti basati su una qualche intuizione psicologica.
Newman non somiglia a quei teologi o scrittori di spiritualità che cercano di nutrire la pietà dei loro lettori con la psicologia o la sociologia. Uomo di chiesa, egli appartiene piuttosto alla lista di teologi che, come molti cristiani umanisti del Rinascimento (per esempio, Erasmo), hanno riscoperto i grandi Padri della Chiesa, soprattutto greci, e hanno iniziato a rileggere con loro la Bibbia in un modo antico, ridando vita a una teologia liturgico-sacramentale che di fatto corrisponde a quella dei primi cristiani.
Newman si è mostrato convinto della necessità di una sorta di pedagogia della fede riattualizzando la lectio divina come veniva praticata dai primi cristiani: quella lettura della Scrittura che conduce non tanto a una pura e astratta meditazione della parola di Dio, quanto a una sua assimilazione esistenziale che sola rende giustizia a un testo che è parola di vita.
L'itinerario del lettore e della lettrice, che nel nostro caso sono oranti, dovrebbe procedere «da Cristo per noi a Cristo in noi », come già sosteneva il luterano tedesco Johannes Arndt (27 dicembre 1555 - 11 maggio 1621). Un'opera di Arndt, Vier Biicher vom wahren Christentum (Quattro Libri sul vero cristianesimo, 1605-1609), era stata tradotta e diffusa da un cattolico come il cardinale de Noailles e da un monaco e vescovo russo ortodosso come Tikhon di Zadonsk. L'opera di Arndt, che piaceva anche a Newman, era caratterizzata dalla stessa ispirazione e dallo stesso metodo delle Preces privatae di Lancelot Andrewes, e fu proprio questo comune spirito di autentica devozione cristiana che dovette affascinare Newman ancora anglicano anche se già sulla strada del cattolicesimo.
Newman fu conquistato dallo stile personale, ma anche cattolico (in ogni senso di questo termine), delle Preces di Andrewes, in particolare da quei suoi «esercizi» spirituali di penitenza, di confessione della propria fede, di lode a Dio, di ringraziamento e di intercessione ecclesiale che lo introducevano con piena consapevolezza al mistero eucaristico, alla comunione e quindi a tutta una vita da spendere alla presenza di Dio in Cristo.
Newman ammirò talmente il vescovo anglicano Andrewes che intraprese la traduzione delle Preces privatae - la cui lingua originale non era il latino ma il greco, per la sua dipendenza da Padri greci - e ad adattarle a beneficio dei suoi contemporanei e suo personale, convinto, come restò fino alla morte, d'aver scoperto, con Andrewes, una preghiera che sgorga direttamente dalla parola di Dio - e dall' interpretazione che di essa ne fanno i Padri - e che conduce a una vita pienamente vissuta in Cristo.
Non solo da prete anglicano, ma più tardi anche da cardinale, Newman conservò le Preces sul proprio inginocchiatoio per la quotidiana preparazione e il ringraziamento, rispettivamente prima e dopo la messa, e per la sua meditazione «privata ».
Queste preghiere, versi, brevi meditazioni e devozioni, in realtà non sono tanto private, quanto piuttosto una pratica caratterizzazione del consiglio di santa Teresa: che la forma più semplice, ma forse anche migliore di una preghiera meditativa la si ottiene quando facciamo, in base alle necessità, nostro personale il senso stesso della parola di Dio, nella fede. Questo pensiero è forse ancora meglio espresso nel famoso detto di J. Albrecht Bengel (24 giugno 1687 - 2 novembre 1752) - pioniere dell' esegesi critica del Nuovo Testamento - e che è ancora riportato sulla prima pagina del Novum Testamentum Graecum, stampato la prima volta a Wiirttemberg nel 1734: «Totus te applica ad textum, totum textum applica ad te! » (Applica tutto te stesso al testo, tutto il testo applicalo a te!)
Con questo metodo possiamo leggere, pregare e meditare il racconto della Creazione (Genesi 1-2) [per la durata di una settimana: in sei giorni il Signore Iddio completò la creazione, nel settimo giorno, il sabato, Dio si riposò] con i testi di questo volume che presentiamo, convinti che scopo finale dell' intera Scrittura sia la creazione in noi di un' appropriata risposta alla Parola, e quindi a Dio stesso. Sarà una risposta, quella che possiamo dare, assieme personale e «cattolica» o universale, e patristica, perché davvero ecclesiale.
Con Andrewes e Newman impariamo a pregare con concentrazione, ma per la società e il mondo oltre che per noi stessi.
Del resto, non dice Paolo, nella sua lettera agli Efesini, che il Cristo, Figlio e Parola fatta carne (cfr. Gv 1,14), raggiunge la sua pienezza e pieno compimento soltanto nei membri del suo corpo, la Chiesa?
Per un atteggiamento spiritualmente più aperto, invitiamo a ricordare, prima di accingersi a pregare, le parole di tradizione paolina: in Cristo «mediante il suo sangue, otteniamo la redenzione, il perdono dei peccati, secondo la ricchezza della sua grazia, che si è generosamente riversata in noi con ogni sorta di sapienza e intelligenza. Egli ci ha manifestato il mistero della sua volontà secondo il suo benevolo disegno che aveva in lui formato, per realizzarlo nella pienezza dei tempi: accentrare nel Cristo tutti gli esseri, quelli celesti e quelli terrestri» (Ef 1,7-10).
Scritte e pregate con questo spirito insieme cristiano e paolino, le preghiere di Andrewes pregate e fatte proprie da Newman possono aiutarci a diventare esistenzialmente Chiesa cattolica, viva anche oltre i confini della Chiesa di Roma.
Questi due maestri di preghiera insieme ci sollecitano con garbo e intelligenza delle Scritture a crescere nell' ecumenismo.

Angelo Colacrai

NOTE BIOGRAFICHE

JOHN HENRY NEWMAN

John Henry Newman (nato il 21 febbraio 1801 a Londra; morto l' 11 agosto 1890 a Birmingham, sempre nel Regno Unito) è stato l'uomo di chiesa e di lettere che più ha animato il Movimento di Oxford nella Chiesa d'Inghilterra ed è poi diventato cardinale diacono della Chiesa romana. I suoi libri più importanti Parochial and Plain Sermons (1834-42), Lectures on the Prophetical Office ofthe Church (1837), e University Sermons (1843), mettono in risalto la sua fondamentale idea circa l'autorità dogmatica della chiesa e la sua convinzione della necessità di riformare la Chiesa d'Inghilterra sul modello della Chiesa «cattolica» o universale dei primi cinque secoli del cristianesimo.
Dal 1845 Newman comincerà a considerare la Chiesa cattolica di Roma come il più vero sviluppo moderno della prima chiesa cristiana.

I primi anni della formazione

Dopo una prima formazione in una famiglia evangelica e poi al Trinity College di Oxford, Newman divenne membro dell'Oriel College (sempre di Oxford) nel 1822; vice principale di Alban Hall nel 1825 e vicario della chiesa di St. Mary (sempre a Oxford) nel 1828. Sotto l'influsso del reverendo John Keble e di Richard Hurrell Froude, Newman divenne egli stesso un convinto ecclesiastico - un difensore della continuità dell' antica tradizione cristiana, particolarmente riguardo all' episcopato, al sacerdozio e ai sacramenti.

Il Movimento di Oxford

Quando il Movimento di Oxford ebbe inizio, nel 1833, Newman ne fu l'effettivo organizzatore e il capofila intellettuale. Sue infatti ne sono le idee fondamentali: far risaltare gli elementi cattolici presenti nella tradizione religiosa inglese e sollecitare, al contempo, una seria riforma, in senso universale, della Chiesa d'Inghilterra.
Negli anni 1838-1839 egli cominciò a esercitare un influsso ancora più vasto sulla Chiesa d'Inghilterra. La sua insistenza sull'autorità dogmatica era avvertita da molti come una diga necessaria al crescente liberalismo teologico e morale. Newman mostrava decisamente di sapere in che cosa credere e in che direzione doversi muovere col pensiero; e nella sua personale quanto convinta devozione i suoi seguaci scorgevano un uomo che praticava quel che predicava, o scriveva, in una prosa che era colta e a volte persino magica.
Egli sfidava la Chiesa d'Inghilterra a rappresentare la vera cattolicità; e la prova di questa (contro Roma da una parte, e dall'altra contro coloro che egli descriveva come «protestanti popolari») si doveva cercare, secondo lui, nell'insegnamento dell'antica e indivisa Chiesa dei Padri. Chi seguiva quella Chiesa era cattolico.
Dal 1834 in poi, questa via di mezzo su cui egli si muoveva con abilità e accortezza, cominciò a essere attaccata sulla base di una sua presunta sottovalutazione della Riforma; e quando nel 1838-1839, insieme a Keble egli pubblicò l'opera Remains di Froude, in cui la Riforma protestante era violentemente denunciata, le persone più moderate nel Movimento di Oxford iniziarono a essere incerti dei loro leader.
I timori più gravi furono rafforzati nel 1841 dal Tract 90 dello stesso Newman, che, nel riconciliare i 39 Articoli protestanti con l'insegnamento della chiesa antica e indivisa, appariva, ad alcuni almeno, asserire che gli articoli non fossero in realtà così incompatibili con le dottrine del Concilio di Trento e quindi di Roma.

Il vescovo anglicano, Richard Bagot di Oxford, pretese che il Tract 90 venisse ritirato dalla circolazione. Negli inconvenienti che furono causati dalle denunce, Newman si andò progressivamente isolando. Finì con il perdere fiducia in sé, e le convinzioni circa la possibile o reale cattolicità della Chiesa d'Inghilterra si andarono in lui poco alla volta indebolendo. Si allontanò da Oxford, a cui era intellettualmente legato, e si ritirò nella cappellania di Littlemore, dove attorno a sé radunò alcuni dei sui discepoli più intimi e con loro iniziò un quasi-monastero.

Conversione al cattolicesimo

Newman diede le dimissioni dalla chiesa di St. Mary di Oxford, il 18 settembre 1843. Il suo ultimo sermone anglicano lo predicò a Littlemore una settimana più tardi.
Ritardò tanto a diventare cattolico perché, per la sua integrità intellettuale, egli trovava un ostacolo nel contrasto storico tra la Chiesa dei primi cristiani e dei Padri e la moderna Chiesa di Roma. Meditando però sull'idea di sviluppo, una parola allora discussa in relazione all' evoluzione biologica, egli applicò la legge della crescita e trasformazione storica alla società cristiana, cercando di mostrare, a sé stesso e agli altri, che la prima e indivisa Chiesa cattolica s'era direttamente evoluta nella moderna Chiesa di Roma e che le chiese protestanti rappresentavano piuttosto una rottura in tale sviluppo, sia nella dottrina che nella vita cristiana.
Queste meditazioni servirono a rimuovere l'ultimo ostacolo, e il 9 ottobre 1845, Newman fu accolto, nella sua Littlemore, nella Chiesa cattolica. Successivamente si recò a Roma per essere ordinato prete, e dopo qualche incertezza, nel 1848 fondò l'Oratorio di san Filippo a Birmingham.
Newman era diventato sospetto al clero romano più rigoroso per lo spirito quasi-liberale che egli sembrava essersi portato con sé dall' anglicanesimo; e per quanto non fosse affatto liberale nel senso morale della parola, la sua carriera iniziale come prete fu marcata da una serie di frustrazioni.
Fu convocato in Irlanda per essere il primo rettore della nuova Università Cattolica di Dublino, ma per particolari circostanze, l'incarico gli divenne impossibile; interessanti però furono le sue lezioni sull' Idea oJ a University (1852).
Il suo ruolo di editore del mensile cattolico Rambler, e gli sforzi, insieme a lord Acton, di incoraggiare studi critici anche tra i cattolici, lo resero ulteriormente sospetto, causandogli la rottura con H.E. Manning, il prelato che presto doveva diventare arcivescovo, cattolico, di Westminster.
Uno degli articoli di Newman («On Consulting the Faithful in Matters of Doctrine» - Sulla consultazione dei fedeli in materia di fede) fu riportato a Roma e Newman fu indiziato di eresia.
Egli cercò di trovare una sede per svolgere il suo ministero a Oxford ma l'opposizione di Manning glielo impedì.
Dal senso di frustrazione generato da queste esperienze ne fu liberato, nel 1864, da un inatteso quanto provvidenziale attacco, da parte di Charles Kingsley, contro il suo insegnamento morale. Kingsley in effetti sfidava Newman a giustificare l'onestà della sua vita passata come anglicano. Sebbene Newman finisse con il trattare Kingsley molto più severamente di quanto
qualcuno avrebbe ritenuto corretto, la storia che ne risultò delle sue opinioni religiose, l'Apologia pro Vita Sua (1864), fu letta e apprezzata ben oltre i confini della Chiesa romana, e sia per la rettitudine, candore, interesse, che per la bellezza di alcuni brani, quest' opera riottenne all' autore quella fama nazionale di cui aveva già nel passato goduto come anglicano.
Anche se l'Apologia non piacque a Manning che vi scorgeva uno spirito quasi-liberale, servì ad assicurare a Newman un'alta autorità morale nella Chiesa di Roma. Ciononostante, nel 1870 Newman espresse la propria ferma opposizione alla definizione dell'infallibilità papale, anche se personalmente egli era convinto della validità di quella dottrina.
Nel 1879 papa Leone XIII lo fece cardinale diacono di San Giorgio in Velabro.
Newman morirà nel 1890 a Birmingham e sarà sepolto (con il suo amico più caro, Ambrose St. John) a Rednal, la casa di riposo dell'Oratorio.

Il carattere

I ritratti di Newman lo mostrano di una forte sensibilità e delicatezza estetica. Era un poeta. Famosi erano diventati i suoi contributi nella Lyra Apostolica dei suoi giorni anglicani, ivi incluso il famoso inno Lead, kindly light (Guidami, luce gentile), scritto nel 1833 dopo una tempesta sedata nello stretto tra la Sardegna e la Corsica.
Newman era consapevole dei limiti della prosa come della necessità della parabola e del
l'analogia per scrivere sulla fede. Ma aveva anche una mente potente e penetrante, allenata da Aristotele, David Hume, dal vescovo Joseph Butler e da Richard Whately. Il disprezzo, solo superficiale, che egli mostrava qualche volta per la logica e la dialettica, aveva indotto qualche suo lettore sprovveduto a ritenerlo illogico.
La sua natura sensibile, se lo rendeva amabile a pochi amici, lo cambiava anche in un pungente polemista e insieme in un risentito avversario di chi lo criticava. I suoi avvilimenti a causa dei sospetti degli oppositori, siano stati essi anglicani che difendevano la Riforma, o ultramontanisti (esponenti del potere papale centralizzato) che attaccavano la sua teologia come liberale, fiaccarono la sua fiducia impedendo gli di diventare quel capo scuola che avrebbe potuto benissimo essere anche nella Chiesa di Roma.
Come creatore e animatore del Movimento di Oxford, Newman aveva aiutato a trasformare la Chiesa d'Inghilterra; come tenace sostenitore della teoria dello sviluppo dottrinale, aiutò la teologia cattolica a riconciliarsi con i risultati di un approccio più scientifico o critico alla tradizione, mentre nella sua terra, in Inghilterra, l'Apologia è stata di molto peso nel superare gli spesso crudi pregiudizi degli inglesi contro i preti romani.
In breve, sia nella Chiesa cattolica che in quella d'Inghilterra l'influsso di Newman è stato immenso.

LANCELOT ANDREWES

Nacque nel 1555 a Londra dove anche morì il 26 settembre del 1626. Fu teologo e predicatore di corte e cercò di difendere e far progredire la dottrina anglicana in un periodo di grande conflitto nella Chiesa inglese.
Andrewes fu nominato membro del Pembroke College di Cambridge nel 1575 e fu ordinato diacono nel 1580.
Il suo servizio in diverse parrocchie dal 1589 fu seguito dalla consacrazione a vescovo di Chichester nel 1605 e dal suo trasferimento a Ely nel 1609 e a Winchester nel 1619; in precedenza aveva rinunciato alle sedi di Salisbury e di Ely perché la regina Elisabetta I aveva insistito che egli cooperasse con la corona per ridurre il forte potere della Chiesa anglicana.
Sotto i re Giacomo I e Carlo I, Andrewes fu elevato a elemosini ere (1605-1619) e diacono delle cappelle reali (1619-1626). Come maestro di retorica, si guadagnò presto la reputazione di eloquente e colto predicatore di corte.
Nonostante la sua sensibilità al puritanesimo di Cambridge, Andrewes restò un critico, consistente anche se cauto, sia dei dogmi calvinisti che dei principi della riforma puritana. I suoi scritti maggiori, tuttavia, furono le opere apologetiche dirette contro la Chiesa di Roma. In esse egli combinava una critica circostanziata di alcuni dogmi cattolici ad affermazioni positive circa gli insegnamenti anglicani.
Tra i suoi sermoni ce ne sono alcuni dettati in successivi anniversari del fallito Complotto delle polveri (Gunpowder Plot) del 1605, un attentato per bruciare il parlamento e danneggiare la famiglia reale da parte di cattolici infuriati contro la legislazione anticattolica. I sermoni di Andrewes insistono sulla salvezza divina sia della nazione che della Chiesa inglese.
Del vescovo Andrewes proponiamo le preghiere redatte originalmente in greco e che Newman aveva tradotte in inglese e adattate ai suoi tempi. Di esse Newman aveva fatto le sue devozioni principali nel corso della vita anglicana ma anche come prete e poi come cardinale diacono della Chiesa di Roma.