RIFLESSIONE

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Il Cerro Torre, la guglia di roccia più spettacolare della Patagonia..

Francesco Tomatis
("Avvenire", 30/5/’09)

La riedizione del "saggio" di Henry David Thoreau «Camminare» ("Mondadori"), paradigmatico della riscoperta "ambientalista" della natura già al primo affermarsi della civiltà industriale, nel XIX Secolo, aiuta a riflettere sugli stili di vita alternativi ai quali nuovamente l’attuale "crisi" finanziaria ed economica mondiale potrebbe indurre. Thoreau inneggia a una natura selvaggia e incontaminata, rivolgendosi alla quale l’uomo riuscirebbe a "riattingere" le fonti della propria stessa vita. La vita è infatti "selvaggia", ma nel senso che ciò che è libero e selvaggio sia fonte di armonia, naturalità, persino bontà. Sta piuttosto nella civiltà la declinazione della ferocia naturale in brutalità, culturalmente giustificata e affinata. Dovremmo dunque contrapporre natura a cultura, la spontanea armoniosità della natura selvaggia alla civiltà disciplinata e bellicosa, per poter salvare l’umanità dalla deriva "nichilistica" che la conduce sempre più all’"auto-distruzione" organizzata? Scappare nei boschi, nei pochi sopravvissuti allo sfruttamento intensivo del suolo, e lì far rinascere comunità di vita naturale, traendo nutrimento materiale dalla terra, secondo un inserimento della vita "antropica" nei cicli rigenerativi di quella animale e vegetale? Nel corso del XX Secolo s’è mostrata non soltanto la forza distruttrice della civiltà industriale, dalle guerre di materiali umani alle tecniche di "fissione nucleare", ma anche come tale pervadente distruttività si sia insinuata nella vita terrestre e umana sotto forme "edulcorate" che, dalla "manipolazione genetica" alla persuasione mentale, illudono di poter controllare tecnicamente la vita. L’alternativa alla catastrofe umana non sta in una facile fuga dalle città, verso una natura che di fatto non esiste in uno stato "idillico" e incontaminato, ma risulta sempre da un’attiva interazione con l’uomo. Anche l’idea di perfetta preservazione di aree naturali, attraverso parchi selvaggi o a uso di cittadini vacanzieri, non è che flebile "edulcorazione" di una riaffermata devastazione tecnologica della vita, consistente innanzitutto nel voler separare natura e cultura, spirito umano diretto da scientifiche verità e materia "bruta". Una lettura più profonda di Thoreau stesso può suggerirci un’altra via. L’arte del camminare è sempre un andare "verso la Terra Santa", come ribadisce avviando e concludendo il suo celebre scritto. Camminare implica radicazione e apertura a ulteriori mete, orizzontarsi e volgere lo sguardo all’infinito, assumere umilmente i limiti della propria naturale fisicità mortale ma assieme farli trasparenti a una realtà armoniosa più grande: un anelito di salvezza universale respirabile a lenti passi in ignoti e sicuri cammini. Solo con personali passi e attraverso singolari riflessioni mentali è possibile camminare, liberamente, a condizione che si riconosca come l’inestirpabile radicamento terreno della nostra vita sia inscindibilmente accompagnato da un esser sempre "trascesi" da una dimensione maggiore a ogni singolo passo o complessivo cammino. Per vivere radicato nei cicli naturali, capaci di rigenerare vita sulla terra anziché esaurirla in un’"entropia" generalizzata, l’uomo necessita di umiltà e apertura a ciò che a tutto è superiore, "sovran-naturale", radicazione naturale e assieme "trascendente" ispirazione.