LIBERTÀ NEGATE E REPRESSIONE

RITAGLI     Cina, stretta dopo i "Giochi":     SPAZIO CINA
fatto sparire un vescovo

Il giorno della chiusura delle "Olimpiadi",
un gruppo di poliziotti ha fatto irruzione nella cattedrale di Wuqiu,
nella regione di Hebei,
e ha trascinato via monsignor Giulio Jia Zhiguo, della Chiesa "sotterranea".
Il presule aveva celebrato la Messa il giorno dell’Assunta,
nonostante il divieto di raduni imposto ai «cristiani clandestini».
È la dodicesima volta che il religioso viene imprigionato.

MONS. GIULIO JIA ZHIGUO, Vescovo di Zhengding.

Mons. Zhiguo, finalmente libero, davanti alla statua di Maria!

Lucia Capuzzi
("Avvenire", 26/8/’08)

«Dopo le "Olimpiadi", la repressione si farà più dura». I fedeli della Chiesa cattolica "sotterranea" cinese – che non riconoscono l’autorità di Pechino in materia religiosa e sono fedeli alla Santa Sede – ne erano convinti.
Per due settimane, hanno atteso la fine dei "Giochi" con timore, certi che – non appena lo sguardo del mondo si fosse allontanato dalla
Cina – contro di loro si sarebbe scatenata "l’offensiva" delle autorità di Pechino. Nessuno pensava, però, che i fatti precipitassero tanto rapidamente. La polizia non ha aspettato nemmeno il termine delle "Olimpiadi": domenica, poche ore prima della spettacolare "cerimonia conclusiva", quattro agenti si sono presentati nella Cattedrale di Wuqiu, nella regione di Hebei, e hanno trascinato via monsignor Giulio Jia Zhiguo, vescovo "sotterraneo" di Zhengding. Secondo quanto riportato dall’agenzia "AsiaNews", al momento dell’arresto il presule stava celebrando la Messa. È la dodicesima volta che monsignor Jia Zhiguo viene imprigionato. Il vescovo, che ora ha 73 anni, ne ha trascorsi quindici in carcere, dal 1963 al 1978. Dal 1989, il presule si trova sotto "stretta sorveglianza": in pratica, negli ultimi vent’anni, ha alternato periodi di libertà a lunghi soggiorni dietro le sbarre. Tanto che, in più occasioni, il Vaticano è intervenuto per chiedere il suo rilascio.
Durante il periodo olimpico, il presule – come molti altri della Chiesa "sotterranea" – era stato costretto agli arresti domiciliari. Un gruppo di agenti lo vigilava 24 ore su 24, davanti alla sua casa era stata perfino costruita una "baracca" dove bivaccavano gli agenti di turno. Il tutto mentre, al "villaggio olimpico", il regime ostentava un "volto liberale", consentendo appositi "spazi per la spiritualità e la preghiera" e celebrazioni religiose per tutti i credi presenti. Fuori da "quest’isola franca", però, la libertà religiosa – come le altre libertà civili – erano fortemente ristrette.
I prelati della Chiesa cattolica "ufficiale" – la cui nomina e attività dipende da Pechino – hanno ricevuto rigide indicazioni affinché, durante il periodo dei "Giochi", non venissero organizzate speciali manifestazioni. Quelle già programmate dovevano essere brevi e poco affollate, al massimo 200 persone. Ben peggiore la condizione della Chiesa "sotterranea", a cui era stato espressamente vietato ogni tipo di celebrazione, sotto la minaccia di «provvedimenti» "post-olimpici". A molti sacerdoti, inoltre, era stato consigliato di «intraprendere dei viaggi», in modo che i giornalisti stranieri non riuscissero ad incontrarli. Il «cordone di sicurezza» costruito intorno a monsignor Jia aveva probabilmente analogo obiettivo.
Nonostante, però, le rigide maglie del "regime", i fedeli di Zhengding si erano radunati per celebrare la Messa nel giorno dell’Assunta. La polizia, per evitare di turbare la "pace olimpica", non era intervenuta. I «provvedimenti» sono stati rimandati a "Giochi" conclusi, come ha dimostrato l’arresto del vescovo. Che al momento sembra essere stato "ingoiato" dalla macchina repressiva del "sistema": nessuno sa dove sia stato portato, né se e quando potrà tornare.

"UIGHURI"

La minoranza denuncia:
«500 persone imprigionate»

Il "Congresso mondiale degli Uighuri", l’etnia concentrata nella regione dello Xinjiang, ha dichiarato che nelle ultime due settimane le forze di sicurezza cinesi hanno arrestato 500 persone, di cui le famiglie non hanno più notizie. Per questo, l’associazione ha chiesto alla "comunità internazionale" di protestare contro il "giro di vite" deciso da Pechino nonostante le promesse di apertura fatte nel periodo delle "Olimpiadi".
Anche "Human Rights Watch" si è scagliata contro la Cina. «Il Governo cinese ha utilizzato in modo sfacciato i "Giochi" per raggiungere i suoi obiettivi politici, ma una facciata così attentamente organizzata non basta a nascondere uno "stato di polizia" che calpesta i diritti umani», ha affermato il direttore della "ong", Sharon Hom.
Ieri, Pechino ha espulso gli otto militanti americani
"pro-Tibet", che erano stati imprigionati il 20 e 21 agosto, dopo aver dispiegato striscioni in favore della causa tibetana. Il giorno prima, Washington ne aveva chiesto la liberazione immediata. Al termine della "cerimonia olimpica", dopo dieci giorni in carcere, i giovani sono stati imbarcati su un volo della "Air China" diretto a Los Angeles. Le autorità hanno rilasciato anche un tedesco di origine tibetana e una cittadina britannica, anch’essi arrestati perché manifestavano contro la repressione a Lhasa. Il tedesco, Florian Norbu Gyanatshang, ha detto di essere stato sottoposto a duri interrogatori in carcere: «Volevano sapere come avevamo organizzato la protesta», ha detto.