MISSIONARI MARTIRI

RITAGLI    ... E in mano una rosa rossa!    MISSIONE AMICIZIA

Spine e dolori nell'esempio dei Martiri: ma il dono della loro vita vale di più!

P. Ciro Biondi, Pime
("Mondo e Missione", Marzo 2008)

È così che si presenteranno al "gran Re" i miei compagni di viaggio, coloro che hanno "pervaso" d'amore la mia vita, che sono stati perseguitati e uccisi mentre camminavo al loro fianco, che hanno "lavato" le loro vesti rendendole candide nel sangue dell'Agnello: avranno in mano una "rosa rossa".

Ero stato seduto accanto a loro nei banchi di scuola, ci eravamo fatti "servitori" a tutti, condividemmo fatiche, dolori e speranze dell'umanità, eppure loro sono stati trovati degni di offrire la loro vita versando il sangue "assimilati" a Cristo, mentre io no!

Perché, dopo aver lottato insieme per le stesse cose, a loro è stato domandato il "martirio" e a me no? Cos'è "scarseggiato" in quello che mi è stato chiesto per non essere scelto per il "trionfo finale"? Coraggio? Fermezza? Abilità? Non credo che la risposta vada cercata in queste cose; penso invece di non aver intuito che c'è un "mistero" nel martirio.

Giorni fa mi sono imbattuto in una frase di Don Milani, che mi ha svelato il "segreto": «È stato perdere, la mia più grande vittoria». Per tanti anni mi hanno insegnato a vincere, a vincere sempre, ad ogni costo, e questa scuola mi è piaciuta molto. Invece il martirio è "perdere", perdere totalmente, senza "rivincita", felici di perdere, contenti di essere stati in campo solo per il "fair play", per poter dire a chi ha giocato con noi che è il migliore. Ma a questo nessuno educa: anzi no, c'è stato un "Maestro" che lo ha insegnato, che ha trattato il perdere come "guadagno".

Perché non mi sono ricordato del suo insegnamento? Perché non ho ripensato a chi mi ha amato? A quelle persone che mi hanno lasciato vincere? A quelli che io ho "martirizzato"? Facendoli scorrere sullo "schermo" del cuore, mi sono accorto che avevano scelto di essere «perdenti», "non-opponenti", degli "arresi" che avevano deposto le armi del giudicare, del vendicarsi, dell'odiare, dell'uccidere, del conquistare, del vincere per lasciarmi così apprendere l'amore. Ho capito che la "rosa rossa" che i «perdenti» presentano al "Re" è la testimonianza che le loro mani non si sono mai chiuse "a pugno" per difendersi, che non hanno mai impugnato armi per sconfiggere, che le loro braccia non si sono mai alzate per minacciare, ma solo per "arrendersi", si sono allargate solo per abbracciare persecutore e croce, piene di quell'amore straordinario che fa soffrire e morire chi lo dona, ma dà gioia e vita a chi lo riceve.

"Grazie, o Re, per i 21 martiri che hanno versato il sangue per noi e per tutti nel 2007; sono i sapienti capaci di svelare il grande mistero del perdere: trasformare la sofferenza in amore e la morte in vita!".