Le vittime dello tsunami ai pachistani

RITAGLI   I poveri in soccorso dei più poveri   MISSIONE AMICIZIA

ALLUVIONATI DEL PAKISTAN (SETTEMBRE 2010)...

Ulderico Bernardi
("Avvenire", 22/10/’05)

Non si sono dimenticati, loro. Sono gli abitanti delle isole Andamane e Nicobar che hanno ancora caldo nella memoria lo strazio dello tsunami. E sotto gli occhi devastazioni difficili da sanare. Piangono ancora i lutti, ma sanno anche, per esperienza vissuta, le tremende necessità dei superstiti, bisognosi di tutto dopo il cataclisma. Legate a urgenze elementari, e per questo universali, del bere, del ripararsi, del mangiare e del curarsi. Per questo, mentre i riflettori delle grandi agenzie di notizie internazionali si vanno ormai del tutto spegnendo sull'ennesima tragedia nei Paesi poveri, loro hanno messo insieme le poche risorse e spedito qualche carico di medicinali, abiti, tende ai terremotati del Kashmir.
Non ci sono occidentali famosi quassù, né grandi circuiti turistici. L'area è pressoché isolata dal mondo a causa delle tensioni sempre accese fra India e Pakistan. Uno scenario aspro, rude e arcaico. Impossibile inserirlo nella categoria dei luoghi di svago, nel grande business della maggiore industria mondiale di oggi, il turismo. Questo spiega molte cose, riguardo al silenzio che, come la nebbia delle cime, è presto calato sulla sorte di tanti disperati. È vero, un po' di soccorsi sono partiti dalle nazioni ricche, che hanno spedito varie cose, tra l'altro difficili da distribuire nei villaggi dispersi e raggiungibili solo attraverso piste impervie. Ma il cuore del mondo - va riconosciuto - non ha battuto più di tanto per le migliaia e migliaia di morti e per chi tuttora strappa la sopravvivenza coi denti, in mezzo a un mare di macerie.
Ecco perché la solidarietà dei poveri pescatori del golfo del Bengala verso i montanari pachistani commuove ancora più. Un abbraccio fraterno tra vittime degli sconvolgimenti naturali. Come un richiamo ancestrale alla necessaria unione degli umani contro i pericoli e le aggressioni della natura primordiale.
In piena modernità si ripropone il valore senza tempo della fraternità nuda, senza sottintesi ideologici. Ancora una volta il dolore, il sacrificio, la morte, antico nemico, tornano e sollecitano il meglio dei sentimenti umani. Rimuovendo differenze religiose, linguistiche, razziali. Per ritrovare, superando distanze infinite di spazio e di storia, l'unicità della creatura umana. Con tutta la fragilità del suo esistere sulla terra e la prorompente ricchezza dei valori che custodisce. Un gesto, questo del dono di poveri ad altri poveri, che suona a monito contro la persistente azione del maligno. L'uomo è capace di resistergli. Con la sua intelligenza e la sua fede può spezzare le catene dell'indifferenza, i vincoli delle lontananze. Il bene, concreto, si manifesta con la semplicità degli umili. Dei dimenticati. Dagli uomini, forse, non dal loro Creatore. Che ispira le comunità a ritrovare speranza e a non sentirsi sole.
Valore aggiunto a questa manifestazione solidale è quello di smentire il vecchio pregiudizio che vuole le popolazioni asiatiche, in generale, succubi di una visione fatalista del mondo. Probabilmente c'è anche un poco di orgoglio etnico nella spedizione dei soccorsi. Si saranno detti i superstiti dello tsunami: non è giusto che siano solo gli "occidentali" a mandare aiuti. Dobbiamo far vedere che anche noi siamo nel mondo. Così fosse, sarebbe comunque una conferma di emancipazione. E l'affermarsi della volontà di costruire un mondo nuovo, fondato non su vaghe utopie ma su vincoli essenziali, su accordi concreti. Umani.