Don Nicolò Anselmi
Pastorale Giovanile, Diocesi di Genova
Alcuni giorni fa, discorrendo con un mio caro confratello, si parlava della minacciosa "Spada di Damocle" che sta pendendo sulla "Testa del Vaticano" e di ogni prete, in seguito all’ormai famoso "reportage" che la RAI ha acquistato dalla BBC, sugli abusi sessuali dei sacerdoti e sulle "manovre" dell’allora Card. Ratzinger per insabbiare la questione…
Ricordo con chiarezza che nel 2002, quando ero a Toronto per la "Giornata Mondiale della Gioventù", i quotidiani locali canadesi e statunitensi, quasi ogni giorno, denunciavano in prima pagina un sacerdote, accusandolo di pedofilia. Giovanni Paolo II aveva reagito con molta delicatezza ma con grande fermezza, invitando i vescovi americani a sospendere dalla loro funzione i consacrati che fossero caduti in tali nefandezze e ad indirizzarli verso cliniche specializzate, affinché fossero curati a livello psicologico.
Molte diocesi hanno rischiato la bancarotta per pagare le penali verso le famiglie delle vittime, e credo sia giusto così.
Circa le responsabilità dei Vescovi nella denuncia dei propri preti… Se un genitore scoprisse che il proprio figlio ha rubato un motorino, in coscienza, che tipo di azione è chiamato a compiere? Deve condurlo in Questura? Se ti accorgessi che un tuo caro amico possiede alcuni grammi di cocaina ed è un potenziale spacciatore e seminatore di morte, sei tenuto a denunciarlo? O se ancora un figlio si accorgesse che il proprio genitore sfrutta delle persone, cosa deve fare? La risposta non è semplice, specialmente se tali persone non sono state denunciate dalle vittime. Una possibile risposta potrebbe essere quella che dovrei fare di tutto perché siano riparati i danni, restituito il motorino, liberate le persone sfruttate, messo lo spacciatore in stato di non nuocere ed inviare le persone a farsi curare seriamente, dopo averli sospesi da tutte le loro responsabilità sociali. Per un sacerdote sarebbe una follia spostarlo semplicemente da una parrocchia ad un’altra: è necessario che sia sospeso dalle proprie funzioni ed inviato in una clinica; non credo tuttavia vada denunciato dal Vescovo, se la vittima stessa non intende denunciarlo. Non è detto che il carcere sia la strada migliore per ricostruire dei legami sociali giusti, dei veri legami di amore. Notavo che la parola "amore" è la grande assente dai dibattiti televisivi su queste questioni; spesso allora il gelo prevale sul calore umano, la divisione sulla solidarietà. La televisione non è certamente il luogo per fare dibattiti così delicati, la generalizzazione e la banalizzazione sono inevitabili.
La pedofilia è un grave disturbo dell’affettività e della sessualità; purtroppo esistono preti pedofili: insegnanti, genitori, politici, giornalisti, sportivi, attori, maestri con questa tendenza…
I disagi della sfera affettiva sono oggi sempre più frequenti e devastanti.
Ritengo che anche la televisione abbia, a questo proposito, una parte di responsabilità, dal momento in cui comunica messaggi confusi su omosessualità, eterosessualità, transessualità, o quando manda in onda, ad esempio, telefilm seguitissimi dai ragazzi con storie d’amore tra una professoressa e i suoi alunni adolescenti. Fra le righe mi chiedo quale sia il compito del servizio pubblico RAI, pagato da noi cittadini: confondere e demolire, per poi ferire e minacciare, oppure costruire e promuovere il bene? Gli esperti dicono che gli ascolti di certe trasmissioni "di cultura", che seminano rabbia, odio e divisione, sono finalmente crollati! La persone preferiscono l’Amore, il Bene e la Gioia, specialmente per i piccoli! W la "Sirenetta", il Giro d’Italia e le "fiction" su Madre Teresa di Calcutta!
Ora fatemi parlare della vita consacrata, anche come dono e non come minaccia per l’umanità.
Essere consacrati vuol dire appartenere a Dio, consegnare a Lui totalmente la propria vita, affinché possa farne insieme alla propria un dono d’amore per il mondo.
Per Amore, solo per Amore, per Tutti!
La vita consacrata è un dono di Dio, è una chiamata; non una decisione della persona: lo spazio per la decisione umana è rispondere "sì" o "no" a questa chiamata.
Dopo quindici anni di vita consacrata, mi sento di poter dare alcuni consigli: chi si sente chiamato alla vita consacrata, non esiti a rispondere "sì". Il Signore è fedele e non abbandona mai chi ha chiamato. Ma come scoprire che siamo stati scelti?
La chiamata alla vita consacrata la si sente scendendo nel profondo di noi stessi, dopo essersi spogliati delle paure: è un viaggio faticoso, ma entusiasmante.
Nel segreto del proprio intimo, nel silenzio che parla del senso del nostro esistere, si coglie il sussurro rispettoso e dolce della voce di Dio.
A quel punto spetta a noi rispondere. Non è facile!
Sono convinto che molti giovani, specialmente ragazze, abbiano sentito questa chiamata ma ne siano usciti terrorizzati, anziché innamorati e felici di essere stati scelti dallo "sposo".
"Sì" o "No", non c’è problema: Gesù ti ama lo stesso.
È importante non perdere tempo; la Santità chiama, non dobbiamo perdere tempo noi e quelli che ci aspettano: né le pecorelle a cui il Signore ci vorrebbe mandare, né la famiglia e i figli che potremmo costruire.
Un bravo sacerdote mi ha aiutato a dire "Sì".
E il Vescovo, il giorno della mia ordinazione, mi ha dato la certezza della chiamata di Gesù: che non stavo scappando dal mondo, che non era una fuga, una mania, una fissazione, uno "squilibrio psico-affettivo". La riflessione mi ha portato lontano, lo so, me ne sono accorto.
Avevo solo una gran voglia di dire che i preti, i frati, le suore, negli ospedali, nei ricoveri per anziani, nelle scuole, nelle comunità terapeutiche, nei monasteri che pregano per il mondo, nei lebbrosari, nelle parrocchie, nei centri d’ascolto, nelle mense per i poveri, nei confessionali, negli oratori, nelle psichiatrie, nelle case-famiglia, non sono solo una minaccia "alla laicità"!! L’Amore è amore da qualunque parte venga; il resto è ideologia, è voglia di potere.
Chiedo una preghiera per i consacrati, per chi sbaglia e per chi subisce, nel Nome di Dio Padre di Tutti!