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Don Nicolò Anselmi
Pastorale Giovanile, Diocesi di Genova

Se qualcuno mi chiedesse: "Qual è la persona a cui, nella vita, hai voluto o vuoi più bene?"...

Con ogni probabilità risponderei: "Mia madre!"; e se ancora mi chiedessero: "Qual è la persona che hai trattato peggio nella tua vita?", quasi sicuramente risponderei ancora: "Mia madre!": nel senso che in certi momenti in cui avevo bisogno di sfogarmi mi sono rivolto a lei con durezza, con egoismo e con violenza verbale, che forse mai ho usato con altre persone.

Sono un ipocrita, un bugiardo? Non so, forse; certamente mi sento un poveretto, debole, fragile, incapace di realizzare fino in fondo ciò che considero giusto e affermo a parole: un uomo bisognoso di tanta comprensione e tanta misericordia...

Dietro a questo esempio banale c’è la scoperta che, nell’esperienza di ogni persona umana, esiste la conciliabilità fra un valore e la strada per raggiungerlo, fra la verità e l’educazione, fra la teologia e la morale, fra la giustizia (è giusto che io ami mia madre) e la misericordia (ma perdonatemi quando non ci riesco).

La proposta di un modello etico, non adeguatamente accompagnato dalla comprensione per la debolezza umana, spesso ci schiaccia, ci fa arrabbiare, ci deprime, ci invita alla ribellione; viceversa, l’attenzione alla situazione dell’uomo, svincolata da una proposta chiara di valori, può condurre al relativismo. Nella persona umana si realizza la sintesi dei due punti di vista: uomo, diventa ciò che sei!

Questi strani discorsi mi sono venuti in mente quando, chiacchierando con alcune persone, le ho sentite contrapporre: "la rigidità di Ratzinger, che schiaffa in faccia alla gente le sue verità non negoziabili", alla "comprensione misericordiosa del Card. Martini, che meglio conosce l’uomo di oggi, le sue ansie e le sue sofferenze".

È inutile dire che queste contrapposizioni sono volute da un certo tipo di pensiero, che desidera creare tensione e che ha come obiettivo chiaro quello di vendere e di guadagnare, in termini di denaro e di potere. Verità e Libertà, Giustizia e Misericordia sono facce dello stesso Amore.

A questo proposito ritengo che l’ormai prossimo "Family Day" non voglia certamente essere una sfida, una guerra fra chi crede nell’unica vera immagine di famiglia contro tutti gli altri. È fuori di dubbio che le persone conviventi, le persone che hanno relazioni omosessuali, le persone divorziate e risposate sono miei fratelli e sorelle, sono oggetto della mia preghiera e del mio affetto. Nessuno ha mai detto che sono fuori dalla Chiesa, la "Famiglia di Dio"; un figlio potrà mai essere radiato dalla propria famiglia e non godere dell’amore dei genitori?

Non si tratta qui di giudicare nessuno, ma di proporre all’attenzione di tutti il modello di famiglia fondato sull’amore fecondo, e contemporaneamente di rinnovare l’attenzione verso l’accompagnamento per le situazioni difficili, di promuovere la solidarietà spirituale e materiale, di sollecitare i politici verso provvedimenti a favore di quello che è il nucleo fondamentale dell’umanità.

Il "Family Day" deve ricordare a tutti che i cristiani devono essere in prima linea, con la preghiera, l’amore, la condivisione dei beni tra famiglie ricche e povere, l’aiuto per chi soffre, la cura dei malati, la fraternità diffusa, il servizio dell’amore per la verità; anche in questi tempi così duri, il Signore Risorto è presente: non dimentichiamolo!