L’ESPLOSIVA SITUAZIONE NEL CORNO D’AFRICA
L’Eritrea espelle i missionari.
E soffiano venti di guerra
Giulio Albanese
("Avvenire", 11/11/’07)
Quattordici missionari sono stati espulsi dall’Eritrea. Un provvedimento che in queste ore ha suscitato sgomento nella comunità cattolica dell’ex colonia italiana, tanto più che il governo dell’Asmara non ha ancora fornito alcuna motivazione ufficiale.
Tecnicamente, si tratta di un "visto d’uscita" consegnato dalle autorità locali il 6 novembre scorso, unitamente a un’informativa nella quale gli «stranieri» sono stati invitati a lasciare il Paese entro 14 giorni. Il timore di una possibile espulsione dei religiosi era nell’aria già da tempo. Due anni fa, il governo eritreo aveva consegnato ad alcuni istituti missionari una lettera nella quale si chiedeva di preparare il personale locale allo svolgimento delle funzioni fino a quel momento ricoperte dal personale internazionale, in vista, 24 mesi più tardi, dell’uscita dal Paese degli stranieri. Sta di fatto che la decisione governativa rappresenta un atto di "protervia" sul quale la "Comunità Internazionale" ha l’obbligo d’intervenire, nella consapevolezza che occorre conoscere le contestazioni richiamate nell’ordine di espulsione, oltre alle giustificazioni invocate per motivare tale provvedimento. A questo riguardo, invocando il dialogo e la fraternità universale tra i popoli, padre Teresino Serra, superiore generale dei "Comboniani" (quattro religiosi di questa congregazione figurano nella lista degli espulsi) ha affermato che «davvero non c’è alcuna ragione che possa giustificare queste espulsioni». Non v’è dubbio che la scelta di cacciare i missionari s’inserisce nel solco di una politica tesa ad allontanare dall’Eritrea tutti gli occidentali. Un indirizzo impresso con determinazione dalle autorità dell’Asmara, che ha coinvolto, anche recentemente, non poche "Organizzazioni non governative" (Ong) e alcune agenzie internazionali, invitate a lasciare il Paese perché «non gradite».
Secondo alcuni analisti dietro le quinte si celerebbero le pressioni di un certo mondo musulmano "salafita", che avrebbe promesso proficui finanziamenti all’Eritrea a condizione che vengano cacciati dal Paese gli «infedeli». In effetti l’Eritrea – la cui bilancia commerciale è largamente passiva – non riesce a sfamare tutti i suoi abitanti, due terzi dei quali dipendono dagli aiuti umanitari, anche perché il militarismo voluto dal presidente Issaias Afwerki ha costretto buona parte della forza lavoro a prestare servizio nelle "Forze armate". Ed è questo il punto: fonti indipendenti della società civile esprimono grande preoccupazione per i venti di guerra che soffiano forti per il possibile riaccendersi del conflitto con la vicina Etiopia. Una prospettiva che complica non poco la situazione nel Corno d’Africa, uno scenario – linea di "faglia" in territorio africano tra Oriente e Occidente – già compromesso dalle crisi in atto sia nel Darfur sia in Somalia.
Sebbene nel 2001 il governo dell’Asmara avesse dichiarato il proprio sostegno a Washington nella guerra al terrorismo, da allora la situazione è mutata notevolmente e i rapporti tra l’Occidente e l’Eritrea si sono inaspriti. Nel contenzioso Etiopia-Eritrea, che determinò una cruenta guerra tra i due Paesi dal 1998 al 2000, Washington tiene infatti le parti del governo di Addis Abeba. Illuminante il commento di padre Serra in merito a queste vicende: «Il timone della storia non ce l’hanno gli uomini, ma Dio ed è a lui che mi affido».