DALL’AMAZZONIA, P. ENRICO UGGÈ
La casa senza... "jacaré"
Per i Missionari che arrivano in Amazzonia dall’Europa,
i primi tempi di vita sono sempre pieni di fatti curiosi e persino "faceti",
che presi con buon umore rendono la vita più allegra.
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P. Enrico Uggè
("Missionari del Pime", Aprile 2008)
Era il mese di Maggio, fiumi in piena, tempo di pioggia. Arrivai nella comunità chiamata "Marinheiro" della parrocchia di Barreirinha sul fiume Paraná do Limao. La Cappella innalzata su "palafitte" era di legno, il pavimento era nuovo, ben pulito, e una scala di accesso saliva alla porta principale. La gente all'entrata lasciava fuori sandali e ciabatte sporchi di fango. Era una sera molto bella, numerosa la partecipazione alle preghiere, ai canti e alle confessioni. Tutto si concluse con la proiezione di un "film" per bambini. Alla fine il meritato riposo nella casa del "capo" della comunità. Anche la casa era di legno, ma a quel tempo il tetto era ancora di paglia. Prima di legare l'amaca per dormire, la signora di casa mi avvertì: «Padre, come puoi vedere, qui non c'è il "jacaré", quindi bisogna premunirsi in caso di pioggia». Io ero alle prime esperienze amazzoniche, e l'unico significato di "jacaré" che ricordavo nella lingua portoghese era il pericoloso coccodrillo d'acqua, che tutti ben conoscono. Pensai: «Meglio così, con tutta l'acqua che c'è qua intorno, almeno non ci saranno i coccodrilli a preoccuparmi e a farmi star sveglio tutta la notte…».
Così mi sistemai sull'amaca e presi sonno.
Dopo la mezzanotte, quando il sonno aveva ormai vinto tutti gli abitanti della casa, venne una pioggia equatoriale molto intensa. Quando mi svegliai mi sembrava di essere sotto una doccia, tanta era l'acqua che mi cadeva addosso. Così passai il resto della notte spostando e legando l'amaca nei quattro angoli della stanza a seconda del girare del vento e della pioggia. Tra un tuono e l'altro e il fragore della pioggia ogni tanto sentivo la voce della donna di casa che nell' altra stanza, con il marito e i figli, ripeteva come un ritornello:
«È proprio così, non c'è il "coccodrillo" sulla nostra casa, bisogna metterci il "coccodrillo"».
A quel punto capii finalmente qual era il tipo di "coccodrillo" a cui la donna si riferiva: il "jacaré" è la copertura del tetto, fatta di foglie di una palma molto resistente, che ha in effetti la forma del dorso lungo e affusolato di un "coccodrillo".
Prima dell'alba la pioggia finì e apparvero le stelle e una bellissima luna, che potevo contemplare attraverso il buco sulla sommità del tetto. Riuscii ad addormentarmi. Al mattino presto fui svegliato dal tipico "tintinnare" del cucchiaio che rimescola nella pentola il caffè caldo. Sembrava la chiamata di una campanella: si sente prima quel suono e poi silenzio. È il momento in cui le donne provano se il caffè è sufficientemente zuccherato, e lo fanno per tre volte di seguito. Al termine di questo "rito", un bambino di casa venne a chiamarmi: «Buon giorno Padre, c'è il caffè pronto per riprendersi dalla pioggia della notte». Risposi: «Buon giorno, piccolo, forse oggi legheranno il "jacaré" sul tetto?».
E lui: «Sì, mio padre lo sta già preparando!».
«Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi» (Rm 12,15-16).