LE OMELIE DI DON GIUSEPPE CAVALLI
12 marzo 2006
II Domenica di Quaresima B
Gn 22,1-2.9a.10-13.15-18 Rm 8,31b-34 Mc 9,2-10
STACCARCI PER LASCIARSI AFFERRARE DA DIO
La trasfigurazione di Gesù non avviene davanti alla folla, ma neanche davanti ai 72 discepoli mandati a predicare o ai 12; avviene davanti 3 amici . Tra le persone che lo seguono, ad alcune Gesù è più legato e parla loro al cuore: ci sono Marta, Maria e Lazzaro, ci sono Pietro, Giacomo e Giovanni. Non pare che gli altri soffrissero di queste ‘preferenze’; sta di fatto che sono loro tre che si trovano, quasi per caso, più vicini a Gesù in certi importanti momenti: vicino alla bambina di 12 anni morta che Gesù fa rivivere, nell’orto degli ulivi durante la passione e qui, sul monte Tabor.
E’ come se sul monte avessero fatto una ‘gita’ particolare, una ‘gita nell’Antico Testamento’ insieme a Mosè – la guida che nel deserto ha dato sicurezza al suo popolo – ed Elia - il grande profeta, talmente grande che nessuno ha visto morto, ma portato via in un carro di fuoco, il ‘tipo’ del maestro, colui attraverso il quale è passata la Parola di Dio. Ed insieme a loro, Gesù splendente, glorioso, risorto –anche se non sanno che cosa vuol dire: quasi non lo si può guardare e non lo si riconosce.
Una straordinaria visione. Non si sa se sono più pieni di gioia o di paura. Sanno però che lì si sta bene, per cui "Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè, una per Elia", pronti a non sentire il disagio di restare sul monte all’aperto. Gli altri evangelisti raccontano che Pietro, Giacomo e Giovanni "cascano a terra" spaventati- Bella l’icona degli orientali che ce li mostrano, quasi ‘sbattuti’ a terra, con la faccia rivolta in alto, come se tutto fosse stato rivoluzionato: non sono più loro dopo che hanno visto, dentro sono cambiati totalmente.
E Gesù li avverte "Questo è il primo passo verso la pasqua". La parola pasqua qui non c’è, c’è però la descrizione del passaggio –pasqua vuol dire passaggio- e il passaggio è questo:
Questa è la Pasqua.
La trasfigurazione è una scena di apertura. Dopo, sembra che Gesù non faccia più insegnamento alla gente. Ricordate le domeniche prima della Quaresima? Gesù faceva gesti grandiosi e non voleva che fossero raccontati, ma desiderava che ci fosse sempre tanta gente ad ascoltarlo. Da questo momento, invece che alla folla si rivolgerà ai 12 e pian piano fa penetrare nei loro cuori il suo Spirito, lo Spirito Santo e insegnarà loro a staccarsi.
Mi viene in mente un’immagine che tutti noi abbiamo visto, se siamo andati al circo: quella dei trapezisti che dondolano su una sbarra, facendo esercizi e figure diverse, poi, improvvisamente si staccano, fanno un volo –gli spettatori trattengono il respiro- fino ad incontrare le mani forti di un altro trapezista che, sempre dondolando ritmicamente su un’altra sbarra, li aspetta e li afferra. Una sincronizzazione perfetta. Chi è più importante? Quello che vola o quello che affera? Quello che vola ha del coraggio perché sa che l’altro in un momento preciso dondolando incontrerà le sue mani. Per ragioni di sicurezza al circo sotto c’è una rete, ma potrebbe anche non esserci, perché chi vola, se sa staccarsi al momento giusto, sa che c’è l’altro che lo afferra.
Ebbene, sembra che Gesù insegni a tutti noi a fare l’acrobata dicendoci: "Vuoi essere veramente cristiano? Attaccati alla sbarra - ai doni che ti ho dato, ai tuoi amici, ai tuoi figli, alla tua casa, a quei quattro soldi che ti ho concesso di guadagnare con tanto fatica - però a un certo momento staccati da queste cose e attaccati alla proposta che io ti faccio. Quanto più ti attacchi restando fermo, chiudendo te e le tue cose in uno scrigno, come fosse un’urna cineraria, tanto più rischi di non riuscire ad afferrarmi: ci sono io dall’altra parte, sono io che chi ti aspetto, dondolando insieme a te".
E’ per questo che Gesù ha voluto incarnarsi, essere uomo umano. Lo abbiamo visto domenica scorsa tentato di possedere le ricchezze, ma ha risposto "Sta scritto", richiamandosi alla Parola, Parola che, lo sappiamo, non sono le parole dei vangeli o le parole delle nostre preghiere o delle nostre suppliche, ma Parola che è Lui! Ed io devo riuscire a staccarmi: certo ci vuole qualcosa che mi spinga, che mi indichi quale è il momento, quando ‘è giunta l’ora’ (anche Gesù ha detto: "E’ giunta l’ora per me, o Padre"), ma non dobbiamo pensare che il momento dello ‘stacco’ debba essere solo quello della morte. Dobbiamo prepararci a quella chiamata, staccandoci dalle cose che ci legano e ci frenano, trovando la capacità di dire, anche con sforzo "Ci rinunzio. Ne faccio a meno". Esercitiamoci a farlo, non rinunziando alle piccole cose senza importanza –alle briciole delle nostre tasche- ma a pezzi del nostro cuore, per sradicare qualcosa da noi stessi, per prepararci a quando all’improvviso il Signore ci chiederà qualcosa di importante e noi ci dovremo staccare e lanciare, perché dall’altra parte c’è Lui che ci aspetta per afferrarci. Un momento di sospensione, un momento di paura, ma poi le mani del Signore! E noi faremo come ha fatto Pietro proponendo di fare tre tende per vedere se il Signore sta con noi, se con noi c’è la sua guida, le sue leggi, il suo esempio, le sue proposte pratiche.
Qualche volta le parole del Signore le possiamo trovare anche negli esempi dei santi: S.Ignazio, vescovo di Antiochia, durante il viaggio in cui prigioniero veniva portato a Roma scrive delle lettere. In quella agli Efesini, al cap. 4 dice: "Fate in modo che il Padre guardandovi riconosca in voi il volto di suo figlio". Non è un volto fisico, naturalmente, ma è lo spirito che c’è dentro che il Padre vuole riconoscere.
Domandiamoci allora se abbiamo lo spirito di Gesù, se siamo disposti a fare le cose che Gesù ci chiede. Se siamo disposti ad andare verso il Padre obbedendo alla Sua chiamata, preparandoci ascoltando Gesù che ci dice: "E’ il momento adesso, lanciati veramente".