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5 marzo 2006
I Domenica di Quaresima B
Gn 9.8-15 1Pt 3,18-22 Mc 1,12-15

UNITI NELLA FAMIGLIA DEI FIGLI DI DIO

Come sempre qualche riflessione iniziale su alcune parole del vangelo: tentazione, fiere, deserto. Gesù sta per iniziare la sua missione; è veramente uomo e vuole esperimentare l’umanità, cominciando proprio dalla debolezza:

Nel deserto Gesù è trasportato dallo Spirito: questo è un elemento molto importante che caratterizza l’inizio della missione, della predicazione di Gesù e che deve caratterizzare anche l’inizio della nostra Quaresima.

La liturgia della Chiesa, infatti, in tutti e tre gli anni -A,B,C- ha posto questo brano all’inizio della Quaresima. Il vangelo di Marco, che seguiremo quest’anno, ci immette nell’attività di Gesù con pochissime parole, secondo lo stile proprio dell’evangelista: le tentazioni non sono descritte, e la figura di Gesù è appena delineata, ma quelle poche parole hanno una profondità straordinaria e ci mostrano un Gesù assolutamente immerso nella natura, il suo ‘io’ quasi disorientato, disponibile a qualunque cosa gli capiti intorno.

All’inizio del nostro itinerario quaresimale, partiamo allora dalla considerazione del nostro piccolo ‘io’ che ha coscienza della propria debolezza e che qualche volta per reagire a questa consapevolezza, si erige al di sopra di se stesso – super io – credendo in tal modo di potersi sostenere. Ma è solo un’illusione, per cui, dopo esserci attaccati a qualcosa che non si dimostra duraturo, si cade in una tristezza ancora più profonda e desolante.

La proposta che ci viene fatta è quella di non pensare tanto a sé, quanto piuttosto all’ altro e, prima di tutto, al grande Altro che Gesù Cristo ci è venuto a presentare come il Padre.

In questo modo siamo invitati a passare dal nostro ‘piccolo io’ al vasto mondo dell’ umanità.

Sant’Ambrogio parlando alle vergini (oggi diremmo alle suore) dice: "Dispiegate le vele, spinta dalla forza dello Spirito Santo naviga la Chiesa in questo mondo" -pleno crucis velo Sancti Spiritus de flatu in hoc navigat mundo- :’velo pleno’ a piena vela, spiegate completamente le vele, naviga in questo mondo, con la necessità però della spinta – flatu - dello Spirito.

L’ho detto già in altre occasioni, ma è necessario ripeterlo: non possiamo vivere soli; non possiamo vivere per conto nostro; abbiamo bisogno di essere uniti e Gesù è venuto a dirci in che modo si forma questa unione: abbiamo necessità di lasciarci portare dallo Spirito di Dio all’unità con la grande famiglia umana, la famiglia dei figli di Dio.

Noi sentiamo la nostra sofferenza ed abbiamo bisogno di darvi un senso, un senso profondo. Gesù ha voluto sperimentare la sofferenza umana cominciando dalla delusione della tentazione. Quanta sofferenza c’è nella nostra vita, quanto dolore, quante delusioni provocate dalla debolezza personale, dall’abbandono, dalla freddezza o dall’incomprensione degli amici che non sanno trovare le parole per venirci incontro quando abbiamo bisogno, quanta sofferenza quando siamo noi stessi che non riusciamo a chiedere all’amico quell’aiuto di cui pur sentiamo la necessità. Ebbene Gesù nella solitudine ha voluto dimostrare che c’è la possibilità di sentirci uniti, perché è lo Spirito di Dio che ci unisce, che ci immerge nel mondo e ci spinge ad andare avanti.

Sant’Agostino, commentando il salmo 60 dice che ‘dall’estremità del mondo’ noi siamo capaci a chiamare il Signore, perché ovunque c’è un figlio di Dio, ovunque il Signore vede un membro del Suo corpo. Nelle vicende del Suo corpo reale, nel quale visse, morì e risuscitò, egli vede riflesse le nostre vicende nelle quali possiamo morire, ma anche risorgere, perché ci ha come trasfigurati in sé. Ovunque egli vuole essere tentato da Satana: in ogni luogo e in ogni tempo.

Il tempo si è compiuto ed il tempo nuovo è venuto, perché non c’è più semplicemente il trascorrere delle cose, ma si è realizzato il momento forte della presenza del Cristo in noi: se lo vogliamo, possiamo mettere a disposizione di Dio le nostre sofferenze e le nostre opere buone, che valgono soltanto nella misura in cui le viviamo nella fede e le offriamo nelle mani di Dio.

Possiamo compiere un viaggio silenzioso nel tempo, cominciando dal tempo di Cristo fino al tempo della fine del mondo. Mai c’è stato un viaggio così bello come quello che da Cristo porta alla fine dei tempi. E’ un viaggio che compiamo interamente, anche se vi partecipiamo coscientemente soltanto per una piccola parte, perché insieme al Cristo, spinti dallo Spirito partecipiamo fin d’ora all’eternità.

C’è un salmo che dice che dalle pene il Signore ci fa partecipare alla sua danza.

Mi è capitato di assistere alla realizzazione di una piccola opera d’arte: si parte da un tronco rugoso, appena sbozzato. Prima si lavora con l’accetta, poi con un coltello affilato, poi con uno scalpello, fino ad arrivare ad un rasoio, per far sbocciare dal tronco una piccola figura elegantissima che danza, lla quale una leggerissima carta vetrata dona la lucentezza finale. Ci vuole la capacità, la sensibilità, il gusto dell’artista per fare di un massiccio e informe pezzo di legno un qualcosa di bello e leggiadro.

Ebbene, bisogna che noi ci lasciamo lavorare: è duro il pensarlo, è duro il viverlo quando la sofferenza ci tocca e ci lascia completamente soli in attesa di qualcosa che poi arriverà, a volte in modo sensibile, a volte semplicemente come momento di silenzio, come momento di preghiera.