COME GIUSEPPE  RICORDO DI P. RIZIERI BADIALI  IL FASCINO DI UNA ROSA

Padre Rizy nel giorno del suo 84° compleanno!

I primi giorni di febbraio hanno messo a dura prova la salute di anziani e bambini: il gelo siberiano si è trasferito in Italia. P. Rizieri, nemico giurato del freddo, stava barricato nella sua camera, anche sotto osservazione poliziesca della sua dottoressa. Ma la notizia di un suo amico gravemente malato non gli impedì di uscire la sera tardi a portargli il conforto della sua parola. Il suo rientro in casa a notte inoltrata ci obbligò a pensare: gli deve costare cara questa disobbedienza!

Infatti la mattina dopo la zona adiacente le sua camera risuonava di tremendi colpi di tosse che ci misero tutti in allarme. Il ricovero al pronto soccorso fu quasi immediato, nonostante le sua riluttanza. Così P. Rizieri si preparava a celebrare in ospedale il suo 88mo compleanno, e a combattere in un'agonia che è durata due mesi.

Nell'ultima telefonata che gli feci a Rancio per conoscere la situazione, potei sentire per l'ultima volta la sua voce: "Sto viaggiando verso il paradiso!".

Terminò il suo pellegrinaggio terreno pochi giorni dopo la morte del Papa. Le tappe della sua vita le possiamo così sintetizzare: nacque ad Arezzo nel 1917, entrò nei seminari del PIME da adolescente, fu ordinato sacerdote nel 1940; la partenza per le missioni fu rimandata a causa della guerra, perciò i superiori lo trattennero in patria, prima nella regione meridionale, poi presso la parrocchia di Albavilla in Brianza. Le porte della Birmania lo accolsero nel '48; la missione laggiù durò 18 anni intensi di lavoro che purtroppo fu interrotto con l'espulsione, con altri confratelli, dal governo. 
In Italia fu Rettore del seminario di Cervignano, e poi incaricato dal vescovo di Gorizia per la pastorale missionaria: anni entusiasmanti di passione missionaria in quella parte del Friuli che mandava preti "fidei donum" in Africa e dove sorgevano comunità neo-catecumenali a macchia d'olio. I suoi ultimi dieci anni li visse qui a Nervi, dove il clima favoriva il controllo di un enfisema polmonare.

Noi lo abbiamo conosciuto soprattutto in questo ultimo periodo: un anziano dallo spirito giovanile, un toscano della miglior tempra, un autentico missionario che non ha perso occasione di far conoscere l'amore di Dio nel ministero presso la parrocchia di S.Erasmo, confinante con la casa, negli incontri occasionali con persone che cercavano un confessore o un prete che fosse disponibile ad ascoltare. Anche qui ha preso subito i contatti con comunità neo-catecumenali che ha seguito regolarmente e anche poco "regolarmente"… perché la salute spesso consigliava di smorzare il suo entusiasmo.

Anche i contatti con le comunità di Gorizia non sono passati quando si è trasferito qui, tanto da spingerlo ad affrontare un viaggio di 600 km per tornare a visitarli. Fu durante una di quelle scappatelle che fummo avvertiti dalla polizia stradale di un incidente in autostrada, con gravi danni ai guard- rail, un'auto quasi sbriciolata, lasciando totalmente incolumi i due conducenti, P. Rizieri e un amico. Gli angeli, i santi e i martiri della Birmania lo avevano sempre protetto, non solo in quell'occasione. Avvenimenti che possiamo raccontare ora sorridendo, ma in quei dieci anni lo si vedeva partire in auto con molta ansia da parte nostra.

Quei santi della Birmania, i nostri "Patriarchi" dei monti birmani lo hanno accolto in paradiso a festeggiare il suo 88mo compleanno. Noi lo ricordiamo non solo in casa, nella nostra piccola comunità, ma insieme ai fedeli di S. Erasmo, con amici e conoscenti del PIME.

Lascia in casa un vuoto silenzioso… Spesso lo si sentiva anche di notte pregare o cantare in gregoriano i "notturni"; l'enfisema polmonare lo obbligava a gorgheggiare per liberare le vie respiratorie, tanto da definirlo bonariamente "la tromba del golfo del levante"!

Lascia un vuoto nel suo posto in cappella dove ha pregato tanto, ha recitato tanti rosari per le missioni, per le vocazioni, per la chiesa. Lo abbiamo visto sostare lunghe ore davanti al SS.mo, davanti all'icona di Maria, pregando di solito ad alta voce, quasi interrogando il Signore, Maria e i santi, chiedendo con invocazioni semplici, imparate ancora da fanciullo in dialetto toscano, cantando motivi sia in italiano che in inglese o in birmano.

Credo che abbia vissuto bene i lunghi momenti di solitudine, pregando, leggendo, ascoltando le informazioni sulla vita del mondo. In compagnia era inesauribile nel raccontare la sua vita missionaria, specialmente il lavoro con i catechisti, le avventure sui monti, i viaggi nelle foreste. 
La sua camera era come un angolo di Birmania, con libri in lingua birmana, cartine geografiche della sua zona missionaria, foto di gente incontrata laggiù, pacchi di corrispondenza che era ininterrotta nonostante la distanza di anni. 

I primi giorni di convivenza con lui onestamente mi avevano spaventato e pensavo che le sue esternazioni sonore bisognavano attenzioni mediche particolari: quando glielo facevo osservare mi rispondeva: "È bello cantare, giovanotto!". Ora penso con la preghiera della liturgia: "Ti accolga il coro degli angeli!".

P. Luciano Lazzeri

Nervi, 14.4.2005