L’"incidente ferroviario" di Merano

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la vita non ci appartiene

Il paesaggio da fiaba di Merano, con la natura e le sue montagne...

Marina Corradi
("Avvenire", 14/4/’10)

Quella zona dell’"Alto Adige" appare al visitatore come un mondo da "fiaba". Distese di meli in filari "geometricamente" perfetti; belle case linde e puntualmente "rinfrescate"; campi verdissimi, in cui anche l’erba sembra rasata con "millimetrica" precisione. E nel mondo da "fiaba" correva il "trenino" colorato come un giocattolo, di fabbricazione "svizzera", tutto nuovo, inaugurato nel 2006; dotato dei più recenti sistemi di "sicurezza", tali che, se qualcosa di più grosso di un sasso fosse caduto sui binari, l’"allarme" sarebbe scattato bloccando immediatamente la "linea". Il tratto dove si è staccata la frana era stato recentemente "monitorato" dai "geologi". E dunque il treno "R108" da Malles a Merano era il più sicuro dei treni. Sennonché, un tubo d’"irrigazione", forse, pare, si è rotto; un guasto "banale", e però il terreno sopra la "massicciata" ha cominciato a impregnarsi, il fango a tendere, pesante, verso il basso. Poco dopo le otto è transitato sui binari un "convoglio" di studenti e "pendolari": gremito di ragazzi con gli zaini in spalla, "vocianti", spensierati. La massa di fango già fradicia ha tenuto, quel treno è passato (e oggi forse qualche madre e qualche padre, in "Val Venosta", tra sé ringrazia Dio, per quei quattrocento figli "salvi"). Pochi minuti, ore nove e tre. La "frana" precipita nell’istante in cui arriva il treno "R108", lo prende in pieno. Se solo fosse stato di un minuto in ritardo. Ma nel paese delle "fiabe" i treni viaggiano in rigoroso "orario". Nessun "allarme" può fermare i due vagoni, è troppo tardi. «Una serie incredibile di "coincidenze" negative», diranno gli "esperti". Nel paese "perfetto", dove ogni cosa è precisa e ordinata e "disciplinata", è avvenuto l’"imperscrutabile". E per una volta sembra mancare sui giornali quella consueta caccia al "colpevole" che, a ragione o a torto, scatta dopo una "sciagura".
Come se si fosse rimasti senza parole: sul treno più "controllato", più "protetto", tuttavia si può morire. Come se tutte le nostre "leggi" e regole e misure di "sicurezza" non garantissero, alla fine, alcunché. Come se nemmeno in un mondo "eccellente" la nostra vita ci appartenesse. Lo "sbalordimento" davanti alla "sciagura" di Merano è il silenzio di questa "impotenza". La nostra vita, non nelle nostre mani. Ma nelle mani di un "altro". Di un "destino" cieco e "casuale"? Judith Tappeiner, 20 anni, Lunedì mattina si è svegliata in ritardo, ha perso il treno dei "salvi" e ha preso il treno su cui è morta. Commenta un "cronista" da Merano: «Ad attenderla, solo un "cinico", crudele "destino"». E la mamma che andava a allattare il suo bambino di tre giorni, nato "prematuro"? È umano, è istintivo pensare a un "destino maligno", e a un Dio che, se davvero c’è, si è "distratto". E però anche di fronte a queste "sorti", apparentemente così "casuali", come estratte in una feroce "lotteria", occorre ricordarsi che il Dio in cui noi crediamo è "buono". I suoi pensieri, lo annuncia già l’"Antico Testamento", non sono i nostri pensieri, e le sue vie sono spesso assolutamente "incomprensibili" per noi. E però sappiamo dalla "Croce" che il "dolore" ha un senso; è terribile, "misterioso", ma non inutile.
Non è possibile che quel neonato rimasto "orfano" a tre giorni sia stato "dimenticato" da Dio. Noi non capiamo, ma nel non capire ricordiamo che «ogni sofferenza, ogni "dolore" racchiude una promessa di "salvezza", una promessa di "gioia"», come ha scritto
Giovanni Paolo II. E la nostra vita non ci appartiene, nemmeno nel più "perfetto" dei mondi, dove ogni "legge" è rispettata. La fatica più grande, oggi, è riconoscerlo; vedere il "dolore", non capire, e tuttavia "fidarsi".